Il padre di Masala: abbandonati dallo Stato
Dopo un anno nessuna traccia di Stefano. Le parole amare del genitore: «Siamo soli. Hanno smesso di cercare mio figlio»
SASSARI. «Dov’è lo Stato? Perché qui non c’è? Evidentemente la Sardegna davvero non appartiene all’Italia». Marco Masala – il padre del trentenne di Nule Stefano, scomparso ormai da quasi un anno – mette da parte i toni pacati ma comunque sempre fermi di questi ultimi mesi e tira fuori la delusione e la rabbia per questa «orribile sensazione di abbandono che proviamo oggi più che mai».
Il 7 maggio prossimo sarà passato un anno dalla scomparsa di suo figlio. Era sparito nel nulla il giorno prima dell’omicidio dello studente di Orune Gianluca Monni, ammazzato secondo gli investigatori dalla stessa – o dalle stesse – persone che si sarebbero prima sbarazzate di Stefano Masala. Un ragazzo umile, sorridente e sempre disponibile con tutti, a maggior ragione con gli amici. Amici di cui si fidava e che invece, secondo gli inquirenti, lo avrebbero ucciso.
La sua famiglia non riesce a darsi pace e, dopo l’ultima promessa rimasta tale, il padre Marco decide di non frenare più le parole: «Una settimana fa carabinieri e Procura ci hanno detto che avrebbero fatto di tutto per riprendere le ricerche. Ma la verità è che siamo soli, con le nostre lacrime e con le nostre speranze». È c’è una sensazione che giorno dopo giorno diventa sempre più certezza, per i genitori e i fratelli di Stefano. Quella, cioè, che gli inquirenti – ormai convinti che il trentenne di Nule sia morto – non abbiano intenzione di cercarlo con i mezzi “tecnici” che solitamente dovrebbero essere utilizzati in questo tipo di situazioni. «Ci è stato detto che hanno difficoltà a far arrivare i cani molecolari perché sarebbero già impegnati, come se noi fossimo persone di serie B». E furono proprio i cani molecolari, subito dopo la scomparsa del ragazzo, i protagonisti delle ricerche nella zona del Goceano intorno a Nule: «Arrivarono da Bologna – dice Marco Masala – li accompagnai io. Ma rimasero solo tre giorni, fu del tutto inutile perché per queste ricerche ci vuole tempo considerato che i cani devono fare percorsi particolari e anche ripetitivi».
È una condizione di attesa insopportabile da sostenere, una sofferenza quotidiana che si aggiunge a quella altrettanto seria che riguarda le condizioni di salute di Carmela, la mamma di Stefano. Ridotta dalla malattia su una sedia a rotelle e costretta a viaggiare ogni settimana a Nuoro per sottoporsi a una terapia. «Con le poche forze che ci rimangono – spiega Marco – noi andiamo avanti nel nostro piccolo e continuiamo a cercare nostro figlio. Ma gli inquirenti non ci danno una mano. Non ci dicono dove possiamo andare, non ci mettono a disposizione le informazioni che hanno raccolto sui tabulati telefonici degli indagati. Indicazioni che potrebbero orientare le ricerche su una zona precisa. Sono convinti che Stefano sia stato ucciso il 7 maggio e che sia stato fatto sparire nel territorio di Nule? Allora ci aiutino a muovere i passi verso una direzione precisa».
Al momento ci sono due indagati per l’omicidio di Gianluca e di Stefano – il minorenne di Nule e suo cugino di Ozieri – più almeno altre tre persone indagate per favoreggiamento. Il timore della famiglia Masala è che – una volta arrestati i presunti colpevoli – trovare il cadavere di Stefano possa non importare più a nessuno.
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