La Nuova Sardegna

Mont'e Prama, c'è un tesoro ma lo scavo è chiuso

di Claudio Zoccheddu
Mont'e Prama, c'è un tesoro ma lo scavo è chiuso

Il cantiere doveva riaprire in primavera e invece è tutto bloccato. La soprintendenza: "Intoppi burocratici, forse inizieremo tra dieci giorni"

11 giugno 2016
3 MINUTI DI LETTURA





SASSARI. Il ritardo è una delle costanti nella storia dei giganti di pietra, ritrovati ufficialmente nel 1974 e accantonati per decenni al riparo da occhi indiscreti. E la storia sembra ripetersi, per fortuna con termini temporali più contenuti. Lo scavo avrebbe dovuto riprendere all’inizio della primavera ma, fino a ieri, non era dato sapere quanto sarebbe stato il ritardo accumulato su una tabella di marcia che procede a rilento: «Non abbiamo informazioni precise», ha confermato Alessandro Usai, responsabile scientifico dello scavo, «avremmo dovuto riprendere i lavori all’inizio della primavera ma purtroppo non è stato possibile». Il motivo lo spiega lo stesso Usai: «Dovevamo procedere spendendo i 40mila euro di ribassi d’asta del primo appalto ma è stato necessario firmare un nuovo contratto con la società Archeosistemi che sta portando via parecchio tempo per colpa di alcune procedure burocratiche piuttosto complesse».

Gli archeologi, però, sono pronti: «Lo staff potrebbe ritornare al lavoro un minuto dopo la firma del nuovo contratto e così faremo, quando ce ne sarà data la possibilità». E il quandorappresenta la costante dell’incertezza che da sempre gravita attorno alle statue dei giganti di pietra: «Proprio ieri mi hanno garantito che il contratto verrà firmato la prossima settimana, al più tardi tra dieci giorni», ha aggiunto Alessandro Usai. Il ritardo, se tutto dovesse andare per il verso giusto, dovrebbe attestarsi in appena tre mesi. Un intoppo da niente in una vicenda che si trascina stancamente da 42 anni e che solo negli ultimi è diventata il centro dei focus archeologici mondiali.

In attesa che lo scavo posa riprendere, e che gli archeologi ritornino a Mont’e Prama, il sito ha indossato la veste peggiore. L’erba ha coperto le tombe e sta avvolgendo anche l’edificio in cui si svolgevano i riti religiosi, quella che fino a pochissimo tempo fa era considerata una semplice capanna nuragica.

I danni d’immagine sono evidenti e sono dipinti anche sui volti delusi di chi raggiunge lo scavo in questi giorni. L’aspetto scientifico non è a rischio e lo conferma proprio il responsabile dello scavo: «Le erbacce sono un pessimo biglietto da visita, non ci sono dubbi. Tuttavia, che l’erba cresca è un dato di fatto e se noi non possiamo disporre di un fondo per la manutenzione ordinaria mi sembra logico che cresca anche dentro lo scavo. Questo non vuol dire che possa danneggiare il nostro lavoro. Infondo è solo un danno d’immagine». L’immagine, però, è importante per lo sviluppo turistico e anche la soprintendenza sembra essersene accorta: «Abbiamo chiesto e ottenuto la collaborazione del Comune di Cabras che nei prossimi giorni si occuperà del diserbo dell’area». Anche perché l’erba è talmente alta da attirare i sensori delle telecamere che fanno poi scattare l’allarme che sorveglia gli scavi. A breve, quindi, tutti i tasselli dovrebbero andare al loro posto. E presto potrebbero ritornare a Mont’e Prama anche gli archeologi delle università sarde accompagnati dai detenuti del carcere di Massama, spalle fondamentali durante la scorsa campagna di scavo, avvenuta ormai due anni fa: «Sfrutteranno il finanziamento della Fondazione del Banco di Sardegna», ha concluso Usai, «e lavoreranno nella zona a est dello scavo mentre noi continueremo le nostre indagini a nord ovest».

Università da una parte, soprintendenza dall’altra. Forse è un caso ma la memoria corre verso il ricordo di una convivenza sfortunata e di un amore che sembra destinato a non sbocciare.

©RIPRODUZIONE RISERVATA

In Primo Piano
La polemica

Pro vita e aborto, nell’isola è allarme per le nuove norme

di Andrea Sin
Le nostre iniziative