La Nuova Sardegna

Assemblea paralizzata dai veti incrociati

Assemblea paralizzata dai veti incrociati

Lungo lavoro di mediazione dei capicorrente per arrivare alla richiesta di una figura super partes

20 settembre 2016
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TRAMATZA. Gavino Manca, renziano, ha lavorato nell'ombra. Giacomo Spissu, popolare-riformista, anche. Renato Soru, capocorrente, è intervenuto e lo stesso hanno fatto Siro Marrocu, ex ds, e Anna Crisponi, ex civatiana de La Traversata. L’assemblea del Pd, a Tramatza, è stata bene o male un discreto gioco di squadra. Chissà se per convinzione o perché i dem avevano capito ormai d’essere in prossimità dell’ultima spiaggia. Sta di fatto che dopo la sferzata della presidente del partito, Giannarita Mele: «Basta farci del male» e subito dopo «se il Pd è debole, anche la giunta Piglairu sarà giorno dopo giorno più ricattabile dagli altri partiti della coalizione», i democratici hanno ritrovato il buon senso e l’uscita d’emergenza. È stata un’impresa titanica ma ci sono riusciti e il vicesegretario nazionale Lorenzo Guerini, con delega all’organizzazione interna, è stato informato in diretta dell’armistizio sottoscritto al volo fra le quattro correnti. Sostenuti a gran voce dai renziani di Roma, Gavino Manca e Chicco Porcu, altro fedelissimo del premier, si sono dannati l’anima per chiudere il cerchio e, alla fine, sono apparsi i più felici. Hanno detto quasi insieme: «La missione di Lotti in Sardegna è servita eccome». Giacomo Spissu dell’area Cabras-Fadda ha lavorato anche lui dietro i riflettori e ottenuto quello che il suo gruppo voleva più di qualunque altra cosa: una data certa del congresso straordinario. Sarà celebrato a febbraio e la macchina si metterà in moto subito dopo il referendum costituzionale. Renato Soru è stato abile invece nel colmare il buco d'imbarazzo, nessuno s’era iscritto a parlare dopo la relazione della presidente Mele, e ha detto: «Siamo arrivati fin qui malconci e con un sacco di fratture, però forse ci siamo. Abbiamo ripreso a discutere senza esagerare nei personalismi ma ora non facciamoci prendere dalla fretta e non buttiamoci in soluzioni pasticciate». L’ex segretario poi dirà che per lui la soluzione migliore sarebbe stata il commissariamento del partito ma gli altri hanno detto no. Perché? Perché l’arrivo del forestiero con pieni poteri avrebbe azzerato di fatto anche l’assemblea eletta nel 2014, mentre rimarrà in carica nonostante l’arrivo del garante romano. Saranno i 160 eletti due anni fa a essere a loro volta i custodi degli scampoli di sardità del Pd. A evitare l’ennesimo labirinto sul "tipo di aiuto" da sollecitare a Roma è stato Siro Marrocu: «Prendiamo atto – sono state le parole del deputato – che quest’assemblea non è in grado, seppure ci siano delle candidature, di eleggere un segretario unitario e, in questo momento, non possiamo permetterci altre dolorose spaccature». Quindi se il Pd non vuole per orgoglio subire l’affronto del commissario, l’unica soluzione possibile resta quella del garante. Garante che Anna Crisponi avrebbe voluto votato dai 160 eletti, ma è stato ancora una volta Marrocu a essere realista: «Non riusciamo a nominare il segretario, figuriamoci un garante sopra le parti». Giusto, a designare l'arbitro non poteva che essere Roma. (ua)

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