Un mare di plastica galleggia intorno all’isola
Da una ricerca del Cnr arriva l’allarme per la salute della fauna acquatica Due chili di materiali sintetici ogni chilometro quadrato nel mare di Sardegna
SASSARI. A vederlo così non si direbbe. Eppure, c’è un additivo che non ha nulla di naturale nascosto tra le tonalità di celeste e verde che disegnano panorami mozzafiato lungo le coste. Il mare della Sardegna è un immenso catino in cui è stata messa a mollo un’impressionante quantità di plastica di tutte le forme e, soprattutto, di tutte le dimensioni.
L’invasione. Ormai è monitorata da tempo e un gruppo di biologi del Cnr (Consiglio nazionale delle ricerche) ha pubblicato recentemente dati davvero preoccupanti: attorno alla Sardegna navigano, in media, 2 chili di plastica per ogni chilometro quadrato di mare. Una quantità mostruosa che, in altre zone del Mediterraneo come il Tirreno settentrionale tra la Toscana e la Corsica, è stata rilevata con numeri addirittura maggiori che sfiorano i dieci chili di plastica per chilometro quadrato. La media del Mediterraneo è inferiore e si attesta sugli 811 grammi per chilometro quadrato. Meglio, ma non c’è da essere ottimisti.
Gli studi. Se la “zuppa” di mare con plastica è un fenomeno preoccupante, i suoi effetti sono devastanti per l’ecosistema marino e, di riflesso, per chi ci convive e ne trae sostentamento. Lo sanno bene due ricercatori che da anni studiano sul campo il “marine litter”, ovvero la spazzatura marina che altera gli equilibri marini rispetto alla salute umana. Un problema paragonabile per complessità solo a quello dei cambiamenti climatici. Andrea De Lucia e Andrea Camedda, ricercatori del Cnr di Oristano, si occupano delle implicazioni di un fenomeno terrificante che rischia di passare pressoché inosservato.
Gli effetti. Spiagge sporche e stomaci sottoposti alla digestione di sostanze tossiche. Due aspetti apparentemente slegati tra loro ma in realtà conseguenze dello stesso problema: l’inquinamento del mare con la plastica. «Se una bottiglia di plastica che galleggia in mare è un brutto spettacolo – spiega Andrea De Lucia – è giusto sottolineare che i danni incalcolabili arrivano quando la bottiglia si frammenta e scompare alla vista. Recuperare una bottiglietta non è un compito impossibile, perlomeno non come ripescare le microplastiche». Perché in questo caso, piccolo non è certo bello. Anzi. «Piccolo è pericoloso – aggiunge Andrea Camedda –. Vengono considerati microplastiche tutti frammenti di dimensioni comprese tra i 5 millimetri e i 330 micron. Pazzettini talmente piccoli che vengono ingeriti dai pesci, anche da quelli che poi finiscono sulle nostre tavole».
I numeri. Per “pesare” il problema e i possibili sviluppi futuri sono sufficienti i dati diffusi dalla rivista “Science” che ha stimato in 8 milioni di tonnellate il peso della plastica che ogni anno finisce in mare. In altre parole, se non si riuscisse a porre rimedio all’invasione silenziosa, di questo passo entro il 2050 il peso specifico della plastica raggiungerebbe quello della fauna ittica. Si tratta di dati stimati, ovviamente, ma comunque degni della massima attenzione perché la salute del mare è fondamentale per l’ecosistema Terra e perchi lo abita.