La Nuova Sardegna

L’addio di Bosa all’agente precipitato Inchiesta sui soccorsi

di Alessandro Farina
L’addio di Bosa all’agente precipitato Inchiesta sui soccorsi

In migliaia hanno accolto il feretro di Francesco Pischedda Indagini su possibili ritardi: 2 ore per portarlo in ospedale

06 febbraio 2017
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BOSA. La chiesa della Madonna del Carmelo avvolge in un applauso l’arrivo del piccolo feretro con le spoglie di Francesco Pischedda, il poliziotto morto tragicamente giovedì a Lecco per le ferite riportate in una caduta da un viadotto durante un inseguimento. All’ingresso della chiesa il picchetto della polizia, in testa i vertici sardi della stradale, saluta il feretro sotto un cielo plumbeo. I genitori e la compagna di Francescosi avviano verso la chiesa, accolti dal sindaco Luigi Mastino in fascia tricolore e dal massimo dirigente della polizia stradale della Sardegna, che avvolge in un lungo abbraccio il padre dell'agente, Gianni, anche lui per lunghi anni in forza alla Polfer. Ma è un’intera città quella che si stringe alla famiglia Pischedda, in un bagno di folla che trasforma «una partecipazione straordinaria in una manifestazione di affetto e solidarietà densa di significati, e commovente», è stato il commento del sindaco dopo la funzione funebre.

L’urna che contiene le ceneri di Francesco è illuminata dalla fioca luce dei ceri al centro della navata del Carmelo, vicino il Tricolore e una foto. Ai lati due colleghi in uniforme. «Un uomo gentile forte e volenteroso, sei sempre stato appassionato della vita – così lo ricorda nell’omelia l’amico e sacerdote don Cristian Sanna –: la famiglia, l’amore, lo sport, il mare. Quante partite a calcio con la maglia del Bosa, quanto ti piaceva imitare i campioni del calcio e la tua Inter, e poi la scuola, gli amici. Anche se la fermata importante della tua vita è arrivata, qualcosa di molto forte ci suggerisce che tu di strada ne farai ancora tanta: negli occhi e nei passi della tua piccola Nicole, nel cuore di Anna, nel forte affetto di mamma, papà e tua sorella, al fianco dei tuoi carissimi colleghi, con tutti noi tuoi amici. Ciao Coli». L’ultimo saluto dell’amico sacerdote, volutamente affettuoso con l’utilizzo di quel nomignolo utilizzato negli anni della gioventù trascorsi a Bosa. Cerimonia semplice, celebrata nel silenzio rotto solo all’inizio dagli applausi sinceri di un popolo pesantemente colpito dal lutto, quella al Carmelo. In tanti fin dall’arrivo della salma sabato notte nella casa del quartiere Terridi, si sono stretti alla famiglia per una parola di conforto. Ancora ieri pomeriggio tanti colleghi, amministratori, semplici cittadini si sono trattenuti in chiesa. All’interno della chiesa tante bandiere e picchetti, più la rappresentanza delle giovanili del Bosa. All’esterno le auto della polizia e tanti agenti in uniforme. Mentre in via Garibaldi le bandiere a mezz’asta all’ingresso della casa comunale rappresentavano il lutto cittadino voluto dagli amministratori e rispettato nei momenti delle esequie da tutti, in una città che per qualche ora si è fermata in segno di rispetto e affetto.

Intanto, la polizia sta cercando i le tracce dei due uomini che si trovavano a bordo del Fiorino rubato e che erano poi riusciti a dileguarsi a piedi. Il terzo, un giovane moldavo precipitato con l'agente scelto, è rimasto invece gravemente ferito e si trova ancora ricoverato in rianimazione all'ospedale di Lecco. E proprio i soccorsi per Pischedda arrivati in ritardo sono al centro di un altro filone dell’inchiesta: tra la chiamata al 118 e l’arrivo in ospedale sono trascorse due ore. E altre due per trasferirlo da Gravedona all’ospedale di Lecco, dove quando l’agente è arrivato non c’era più nulla da fare.

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