La Nuova Sardegna

A Barumini sacrifici animali nei rituali nuragici

di Claudio Zoccheddu
A Barumini sacrifici animali nei rituali nuragici

Il ritrovamento degli archeologi dell’Università di Cagliari I maialetti appena nati venivano offerti alle divinità

15 marzo 2017
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BARUMINI. Stavano cercando la prima cinta muraria del complesso di Su Nuraxi, hanno trovato le prove dei sacrifici votivi dei nuragici dell’Età del bronzo. L’ultima scoperta effettuata a ridosso della reggia nuragica di Barumini, un sito che è anche patrimonio dell’Unesco, è sensazionale perché dimostra la pratica dei sacrifici animali che prima erano solo ipotizzabili durante i rituali religosi.

L’équipe. La squadra guidata dal direttore scientifico Riccardo Cicilloni, e dal ricercatore Giacomo Paglietti, era composta da un gruppo di dottorandi dell’università di Cagliari e di quella di Granada, mentre l’indagine a ridosso della reggia nuragica era partita della capanna numero 197, una di quelle parzialmente scavate da Giovanni Lilliu negli anni 50 che però era al centro di un’intuizione formulata da Paglietti, che aveva ipotizzato il passaggio della prima cinta muraria della reggia proprio all’altezza di quella capanna.

Gli scavi. La campagna è iniziata nel 2015 ma le scoperte sono state presentate il giorno dell’anniversario della nascita di Giovanni Lilliu. Mentre cercavano i resti di un’antichissima cinta muraria Cicilloni e la sua squadra si sono imbattuti in due pozzetti integri: «All’inizio pensavamo che fossero semplici fondazioni – spiega il direttore scientifico dello scavo –, anche perché l’area era già stata indagata negli anni ’50, anche se con metodologie non all’avanguardia e forse in un momento in cui la reggia stava prendendo forma». Invece, sotto la capanna 197 non era ancora arrivato nessuno: «Evidentemente questa parte della capanna era rimasta integra. Quindi abbiamo scavato i pozzetti», aggiunge Cicilloni.

La scoperta. Apparentemente le due cavità non avevano nulla in comune: una era praticamente ostruita dal pietrame, l’altra custodiva alcuni vasi di ceramica. Entrambi, però, avevano preservato i resti di due o più animali: «Maialetti appena nati, da due settimane al massimo. Ma anche gusci di mitili, cozze per la precisione – conferma Riccardo Cicilloni –. Attraverso le consulenze con alcuni zooarcheologi siamo riusciti a capire che quelli che stavamo scavando non erano semplici resti di un pasto ma le prime prove di un sacrificio animale a una divinità di cui, purtroppo, sappiamo poco». I maialetti, oltre a essere troppo giovani per essere utilizzati da un punto di vista alimentare, non erano stati cucinati. Anche nei pressi del nuraghe Santu Antine era stato effettuato un ritrovamento simile ma nel caso di Barumini, oltre agli scheletri degli animali, c’era qualcosa in più, un elemento utile ad arrivare alla datazione del ritrovamento.

Il carbonio 14. La sorpresa meno eccitante potrebbe diventare fondamentale per la datazione. Dentro le ceramiche rinvenute in uno dei due pozzetti sotto la capanna 197 era custodito del semplice carbone: «Che però ci permetterà di risalire all’epoca del sacrificio dei due maiali, con un’approssimazione temporale ridottissima grazie alla datazione tramite il carbonio 14 – aggiunge il direttore scientifico della scavo che, però, non ha fretta–. Dovremo attendere qualche tempo per ottenere i risultati dell’indagine ma abbiamo già raccolto qualche elemento che ci permette di dare una datazione ufficiosa».

L’Età del bronzo. Il tipo di ceramiche rinvenute sotto la capanna 197 lascerebbe pochi margini al dubbio. Si tratta di contenitori realizzati nello stile dell’ultimo periodo dell’Età del bronzo, tra il 1150 e il 900 prima di Cristo. Le conferme, però, arriveranno solo dopo gli esiti delle analisi. Ad aggiungere fascino alla scoperta dell’equipe guidata da Riccardo Cicilloni c’è un dettaglio che non può sfuggire agli appassionati della civiltà nuragica: la capanna numero 197 è molto vicina alla più famosa 135, una di quelle quella utilizzate da Giovanni Lilliu negli anni ’50 per ricostruire una buona fetta della storia della Sardegna– ne aveva ricavato i rituali di fondazione – che risale appunto alla tarda età del bronzo.

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