La Nuova Sardegna

Bitcoin, gli studi sardi sul Financial Times 

di Salvatore Santoni
Bitcoin, gli studi sardi sul Financial Times 

La rivista inglese ha pubblicato il lavoro dei ricercatori cagliaritani sulle frodi con la moneta virtuale

22 giugno 2017
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CAGLIARI. Le insidie della blockchain passate ai raggi X dai ricercatori dell’università di Cagliari. Nei giorni scorsi Financial Times ha messo in evidenza il paper scientifico “Dissecting Ponzi schemes on Ethereum: identification, analysis, and impact”, scritto da Massimo Bartoletti, Tiziana Cimoli, Salvatore Carta e Roberto Saia. Al centro dello studio elaborato dagli esperti c’è l’uso distorto che viene fatto dagli hacker del cuore criptato utilizzato dal bitcoin e dalle altre criptovalute. In una parola: le frodi. La ricerca mette in luce il largo utilizzo dello schema Ponzi – modello di frode finanziaria che prevede un guadagno tanto più alto quanto più grande è il numero di nuovi investitori reclutati – nella piattaforma di contratti intelligenti e analizza i rischi e le potenzialità delle blockchain. Infatti, il sistema viene utilizzato anche in altri gli ambiti: può garantire il corretto scambio di titoli e azioni, sostituire un atto notarile e può garantire la bontà delle votazioni, ridisegnando il concetto di seggio elettorale, proprio perché ogni transazione viene sorvegliata da una rete di nodi che ne garantiscono la correttezza e ne possono mantenere l’anonimato. Il 2017 che ha visto l’esplosione di queste nuove tecnologie e ha portato con sé molti pericoli. «Prendiamo una assicurazione sui ritardi aerei – spiega Massimo Bartoletti – e diciamo che un passeggero, pagando 5 euro di premio, può ottenere 100 euro di rimborso nel caso il suo volo abbia un ritardo di più di un’ora. Ora, chi garantisce che il rimborso sia effettivamente versato in caso di ritardo?». «Una compagnia di assicurazioni truffaldina potrebbe affermare, per esempio, che il ritardo effettivo era inferiore a quello segnalato dal passeggero». Una soluzione a problemi di questo tipo arriva dalla frontiera dei contratti intelligenti con blockchain, cioè una rete di computer che in modo automatico verifica le condizioni del contratto ed eroga il rimborso in moneta digitale senza l’intervento umano. Troppo perfetto per essere vero. E infatti, i ricercatori hanno capito come la possibilità di inserire nei contratti delle clausole arbitrarie abbia scatenato la fantasia dei criminali informatici. Lo studio scientifico ha portato alla luce questo fenomeno e si è guadagnato la vetrina internazionale del prestigioso giornale finanziario. Bartoletti e i colleghi hanno osservato che una buona percentuale di contratti sono frodi, strutturate come schemi Ponzi. Vengono presentate come prodotti finanziari vantaggiosi ma il trucco sta nel fatto che pagano solo finché continuano a raccogliere nuovi investimenti. E siccome col passare del tempo investire diventa sempre più rischioso, mano a mano che lo schema fraudolento si sviluppa, la maggioranza degli utenti perde i propri soldi.

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