Gelato artigianale, un affare non solo estivo
Secondo la Cna ogni sardo spende in media ottanta euro all’anno per acquistare coni e coppette
2 MINUTI DI LETTURA
SASSARI. Ogni sardo spende 80 euro all’anno per acquistare gelati. Lo dice un’indagine di Cna Sardegna che svela anche il numero delle imprese artigiane attive in Sardegna, 550, e le prospettive di un settore che può crescere soprattutto nell’export perché il consumo del gelato, un tempo strettamente legato all’estate, si sta destagionalizzando. La meta preferita per i gelatai sardi è la Germania ma sono in crescita anche gli Usa, l’Est Europa, l’estremo Oriente e l’Australia. E non si può dire che manchi la fantasia perché dopo le prime sperimentazioni, avevano iniziato le gelaterie di Pula negli anni ottanta proponendo l’abbonamento arrescottu e nuxedda e il fico d’india, oggi le piccole gelaterie artigianali si stanno spingendo verso abbinamenti sempre più originali. A Oristano, ad esempio, si sperimentano i gelati alla vernaccia e al mostacciolo, a San Sperate quelli alla pesca e pecorino e qualcuno, piuttosto coraggioso per la verità, azzarda anche pomodoro, culurgione e corbezzolo. Il caldo anomalo delle scorse settimane, poi, ha fatto impennare anche in Sardegna i consumi di gelato. La domanda di questo prodotto – rileva la Cna – è infatti legata non tanto al reddito dei consumatori ma soprattutto alle condizioni metereologiche. L’arrivo anzitempo dell’estate ha dunque anticipato i consumi e di conseguenza ha aumentato notevolmente la richiesta rispetto allo stesso periodo degli anni precedenti. Il boom dei consumi spinge le piccole gelaterie artigianali dell’isola a sperimentare nuovi gusti ma anche a adeguarsi ai particolari regimi alimentari, alle sempre più frequenti intolleranze alimentari e alle scelte etiche che conducono gelato vegano, senza glutine, senza uova, senza lattosio e senza zucchero. «Se il gelato è considerato un prodotto tipico del Made in Italy, nel nostro Paese l’apertura di nuovi punti vendita ha registrato una leggera battuta d’arresto, così come nei mercati classici della UE. Le aree geografiche in cui invece le imprese di produzione di gelato stanno aumentando, sono quelle dei Paesi emergenti», spiega Alessandro Mattu, presidente di Cna Alimentare, «mentre in Italia le imprese accusano problemi di burocrazia, pressione fiscale e difficoltà di accesso al credito». «Il mercato in realtà è occupato prevalentemente dalle multinazionali che, tra l’altro, rafforzano le proprie quote a suon di operazioni promozionali – spiega Maria Antonietta Dessi, responsabile di Cna alimentare – i marchi classici del gelato sono talmente forti e presenti che hanno sinora scoraggiato l’invasione dei privati».