La Nuova Sardegna

Accantonamenti: no al ricorso 

Accantonamenti: no al ricorso 

La Consulta non accoglie le richieste della Sardegna e delle altre Regioni speciali

05 luglio 2017
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CAGLIARI. Non bastavano i burocrati ministeriali a mettersi di traverso, ora anche i giudici della Corte costituzionale hanno puntato il dito contro la Sardegna e le altre Regioni speciali. Con una sentenza in cui l’equilibrismo sembra tenere in piedi e far da collante a una cinquantina di pagine, hanno scritto che il ricorso contro l’aumento degli accantonamenti (sono i soldi trattenuti dallo Stato per coprire il debito pubblico nazionale) non può essere accolto. È stato dichiarato inammissibile non tanto perché le Regioni speciali non abbiano più di un motivo per sentirsi tartassate, bensì perché nel 2016 lo Stato è stato «corretto nel seguire il percorso con cui ha proposto i nuovi prelievi forzosi». Dunque Roma ha rispettato la procedura e poco importa se, nel caso della Sardegna, il taglio è di 684 milioni quest’anno e salirà fino a 848 milioni l’anno prossimo. Sono un’enormità e anche – se si vuole – una beffa, perché con quei quasi 200 milioni in più il governo coprirà una parte dei mostruosi costi sanitari delle Regioni ordinarie. Sono quelle, si sa, che non mettono un soldo per i loro ospedali, mentre – guarda caso – la Sardegna sborsa oltre tre miliardi fra ricoveri e medicinali, paga cioè tutto di tasca propria e non riceve un euro dallo Stato: la beffa è questa. Certo, la giunta si aspettava un verdetto favorevole, però c’è un passaggio del dispositivo che fa ben sperare. «Lo Stato – è scritto nella sentenza – comunque non può imporre nuovi accantonamenti senza che prima ci sia un accordo (nel caso esaminato l’avrebbe cercato ma non è arrivato, le Regioni si sono rifiutate) e in ogni caso i mancati trasferimenti non possono essere per sempre, ma a tempo e lo Stato dovrà tenere conto delle singole realtà economiche regionali». In altre parole, nonostante abbia perso questa partita, la Regione – è una delle ricostruzioni della giunta – da oggi i potrebbe avere qualche arma in più per pretendere dal governo tagli meno pesanti. Per farla ancora più semplice, i giudici stavolta pare abbiano buttato la palla nel campo della politica e preferito non avventurarsi nella matassa del sempre più difficile rapporto non solo costituzionale – fra Stato e Regioni. «Abbiamo sempre detto – è stato il commento del governatore Francesco Pigliaru – che gli accantonamenti sono un’ingiustizia e non cambieremo certo parere dopo una sentenza sfavorevole». Anche se forse dopo lo schiaffo muterà la strategia per rivendicare quello che lo Stato da tempo nega alla Sardegna nei trasferimenti. L’assessore al bilancio Raffaele Paci ha detto: «Dal 2012 al 2017, abbiamo contribuito con 3 miliardi e 300 milioni a risanare il debito nazionale. Sono troppi, abbiamo bisogno che ci sia restituita almeno una parte di quei soldi, sono nostri, per rilanciare l’economia». È arrivato il momento di «dare battaglia», ha detto Pigliaru, con l’assessore alla sanità Luigi Arru secco nel dire: «Lo Stato non può voltare le spalle a una regione che è impegnata a risanare il bilancio della sanità, vuole migliorare la qualità senza emarginare questo o quel territorio». Per Pigliaru «la vertenza entrate, nonostante gli innegabili passi avanti che ci sono stati, non è finita. Il confronto con Palazzo Chigi ora diventerà ancora più serrato». Fino al punto, sono state le parole di Paci, che «vorremmo costringere lo Stato a impugnare le nostre di Finanziarie perché, come abbiamo fatto e continueremo a fare, non siamo più disposti a rinunciare ad altri soldi». Ma per Forza Italia, con Ugo Cappellacci, la sentenza della Corte è «l’ennesima dimostrazione dell’incapacità di una giunta che ha ritirato i ricorsi quando potevano essere vinti, nel 2014, poi ha perso due miliardi con quelli malandati presentati in ritardo e ora non può che dimettersi per non fare altri danni» (ua)

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