Inchiesta Igea, 71 richieste di rinvio a giudizio
Peculato e scambi di favori nella società finanziata dalla Regione
CAGLIARI. Gli indagati erano 95, alla fine l’inchiesta Igea si chiude con la richiesta di rinvio a giudizio per 71 persone, accusate di aver messo in piedi ed alimentato un collaudato meccanismo di ruberie, interessi privati e scambi di favori a scopo elettorale, tutto a spese pubbliche: il pm Marco Cocco ha chiesto il giudizio per l’ex notabile democristiano Giovanni Battista “Bista” Zurru (78 anni) e per il fido autista e collaboratore Marco Tuveri (64), protagonisti del “sistema Igea”, vicenda che vede al centro anche il potente leader dell’Udc Giorgio Oppi (76).
L’impianto accusatorio è rimasto lo stesso contenuto nell’ordinanza per le misure cautelari firmata il 15 dicembre 2014 dal gip Giuseppe Pintori: peculato aggravato per gli indagati principali, tra cui la dipendente a termine della società regionale in house Daniela Tidu. Per alcuni anche truffa, turbata libertà degli incanti e voto di scambio.
È cambiato il numero degli indagati minori, quelli che avrebbero portato a casa qualcosa del grande magazzino gratuito che - a leggere il capo d’imputazione - è stata l’Igea, società finanziata dalla Regione per bonificare le terre minerarie oggi ridotte a cimitero di rottami: erano 59, il numero è cresciuto.
Per la Procura il factotum del sistema era Tuveri – difeso da Agostinangelo Marras e Massimo Melis – ex sindacalista sospeso dalla Uil. Zurru - difeso da Mariano e Massimo Delogu - per l’accusa lasciava fare. Mentre la figura politicamente autorevole di Oppi - difeso da Massimiliano Ravenna - compare sullo sfondo della vicenda come presunto regista di operazioni rivolte a controllare con omaggi le candidature locali.