Assolti i tre pastori sardi per gli scontri a Civitavecchia
Il 28 dicembre 2010 sul molo i tafferugli con la polizia Prosciolti Floris, Cottu e Cinus. Diventò un caso nazionale
CAGLIARI. I pastori, in quella mattina fredda e nuvolosa del 28 dicembre 2010, incassarono solo botte sul molo di Civitavecchia. Non provarono a organizzare una manifestazione abusiva, non aggredirono poliziotti e carabinieri schierati in forze a «bocca di traghetto» e neanche si ribellarono agli agenti antisommossa che li avevano rinchiusi in una gabbia improvvisata per ameno un’ora.
È tutto scritto nella sentenza con cui i tre leader del Movimento pastori, Felice Floris, Andrea Cinus e Priamo Cottu, sono stati assolti dal giudice monocratico di Civitavecchia da quattro accuse contestate per quella mattinata di scontri: manifestazione non autorizzata, lesioni, oltraggio e resistenza a pubblico ufficiale. Va scritto subito: con questo verdetto e soprattutto per la formula dell’assoluzione, il «fatto non costituisce reato» da quasi tutti i capi d’imputazione, oggi a essere riabilitati non è solo chi, a suo tempo, fu rinviato a giudizio, ma l’intero Movimento.
Perché quella mattina gli oltre duecento pastori sbarcati dal traghetto Olbia-Civitavecchia e che poco dopo avrebbero voluto manifestare, a Roma, sotto le finestre del ministero dell’agricoltura, furono sin da subito etichettati come «possibili pericolosi rivoltosi», nonostante nel gruppo ci fossero anche donne e bambini. Ma la sentenza – bisognerà comunque leggere le motivazioni – ha riscritto la storia. Ha ribadito, almeno in parte, che quel giorno la questura di Roma sbagliò in quel frettoloso giudizio di massa, anche se va non va dimenticato che il Movimento è stato spesso abbastanza ruvido nei cortei ma mai violento.
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Sbagliò anche chi fece sparire gli autobus noleggiati per il viaggio fino a Roma e sbagliò lo stesso chiunque finì per esasperare gli animi con quella gabbia-prigione costruita nottetempo sul molo. E va ricordato quello che accadde subito dopo gli scontri. In Sardegna ma anche a Roma, con l’allora ministro dell’interno Roberto Maroni della Lega, protestarono da sinistra e da destra. Ad esempio tutti i deputati sardi sottoscrissero un duro documento: «La libertà di manifestare non può essere messa a tacere con i manganelli». La Nuova Sardegna del giorno titolò in prima pagina: «Botte ai pastori, Roma vietata. Floris: trattati come criminali» Il processo. Nell’ultima udienza i tre imputati hanno rischiato di essere condannati.
Nella requisitoria il pubblico ministero aveva sollecitato dai quattro agli otto mesi di reclusione, con a carico degli imputati anche un congruo risarcimento danni. Era stato sollecitato dal poliziotto che costituitosi parte civile dopo aver denunciato di essere stato colpito con un calcio da qualcuno dei manifestanti. Conclusioni contrastate con un’infinità di controprove da un collegio di difensori – gli avvocati Pinuccia Cottu, Maria Grazia Monni, Antonio Gaia e Patrizio Rovelli – che s’è battuto con decisione fino a far emergere un’altra verità. Opposta a quella dell’accusa, era sostenuta in gran parte solo dai rapporti di servizio della questura, e in cui invece ha creduto il giudice. Quello che ha assolto tre pastori e un Movimento. (ua)