La Nuova Sardegna

La grande industria in lutto morto Gian Marco Moratti

di Giuseppe Centore
La grande industria in lutto morto Gian Marco Moratti

Aveva 81 anni: sarà sepolto a San Patrignano, cerimonia anche a Sarroch

27 febbraio 2018
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CAGLIARI. È morto ieri all’alba all’età di 81 anni, Gian Marco Moratti, presidente della Saras. Per sua volontà dopo la cerimonia religiosa oggi a Milano, sarà sepolto nel cimitero della comunità di San Patrignano. Unanime il cordoglio del mondo politico, imprenditoriale e sportivo.

Da anni non rilasciava interviste, per un senso del pudore che lo faceva sembrare più scorbutico del fratello minore Massimo, a cui lasciava volentieri le battute e le gaffe su Inter e dintorni. Gian Marco Moratti, figlio di Angelo e di Ermina Cremonesi, dalla bassa bergamasca, terra dei nonni, aveva ereditato prima di tutto l’etica calvinista nel lavoro, che lo ha sempre tenuto lontano dai riflettori, e uno spirito di servizio personale, che lo ha visto tra i costruttori prima e sostenitori convinto poi del progetto San Patrignano di Vincenzo Muccioli.

Gian Marco Moratti, come Massimo, vuol dire soprattutto Saras, l’azienda fondata dal padre Angelo 56 anni fa e oggi saldamente leader in Italia nel segmento della raffinazione. Allora Gian Marco, subito dopo la laurea in giurisprudenza e il militare, lavorava già in azienda, “costretto” dal vulcanico genitore a rinunciare ai sogni di gloria imprenditoriale statunitensi. «La tua America è questa sedia» gli disse indicando la sala riunioni di Saras. Aveva visto giusto il vecchio Angelo, perchè i due fratelli Moratti, che progressivamente entrarono in azienda con ruoli sempre più centrali, già prima della morte del fondatore, nel 1981, tenevano ben salde le redini della raffineria. Nel 2015, in occasione di un evento a Saras, Gian Marco ricordò l’arrivo della prima nave carica di petrolio, avvenuto cinquant’anni prima. Fu quella l’ultima visita nell’isola.

Due matrimoni (dal primo con la giornalista Lina Sotis nacquero Angelo e Francesco, dal secondo con Letizia Brichetto Arnaboldi vennero alla luce Gilda e Gabriele), una passione per l’arte moderna e un gusto per l’understatment abbandonato solo quando Letizia si candidò a sindaco di Milano. In quell’occasione Gian Marco recitò con piacere il ruolo del marito della candidata, poi eletta, dispensando lodi pubbliche e contribuendo con oltre sei milioni di euro alla campagna elettorale. Solo su San Patrignano il riserbo di Gian Marco è risultato impenetrabile. Il presidente di Saras, sino a poche settimane fa, dedicava alla comunità tutti i fine settimana e le feste comandate, interessandosi ai progetti, sostenendo le iniziative e aiutando, silente.

Dalla metà degli anni Novanta Saras ha progressivamente cambiato pelle. La sottoscrizione di tre contratti di programma con il ministero dell’Economia ha consentito a Saras di uscire dalla monocultura della raffinazione e di creare le condizioni per diversificare il suo business con la realizzazione di una centrale elettrica impegnata nella lavorazione degli scarti della raffinazione. Successivamente la famiglia decise di aprire la società alla Borsa, con la quotazione del 2006, che fece intascare alla famiglia dalle cessione delle loro quote 1,6 miliardi. Una quotazione che lasciò spazio a critiche e a inchieste giudiziarie, con le accuse di aggiotaggio e falso prospetto informativo a carico delle banche incaricate di collocare il pacchetto di azioni, poi conclusesi con un nulla di fatto. Fu forse in quegli anni che i fratelli, apparsi sempre granitici nella gestione dell’azienda, decisero che era venuto il momento di gettare le basi per i Moratti di terza generazione.

Nel 2013 infatti i due sciolsero la società in accomandita per azioni Angelo Moratti che controllava il 50,02 di Saras e fecero nascere due distinte società, nelle quali i due fratelli svolgevano il ruolo di soci accomandatari, ciascuno con il 25,01 per cento del capitale, e con un patto parasociale che legava indissolubilmente i due soci in caso di vendita anche parziale del pacchetto azionario. A maggior sostegno della decisione da un lato l’affidamento di deleghe pesanti al direttore generale Dario Scaffardi, dall’altro l’ingresso nel cda di Saras, diventata holding delle diverse società a valle, dei quattro figli maschi, due per parte, di Gian Marco e Massimo; il figlio maggiore del primo ha oggi l’incarico di vicepresidente. Per questo motivo l’ingresso nel 2015 e poi l’uscita due anni dopo di Rosneft nel capitale di Saras con una quota del 20,99 per cento, non ha cambiato gli equilibri aziendali e famigliari.

La morte di Gian Marco, che sarà ricordato con una cerimonia dedicata anche in raffineria, non dovrebbe cambiare gli assetti azionari, semmai accelerare una maggiore assunzione di responsabilità dei nipoti del fondatore Angelo.

@gcentore. ©RIPRODUZIONE RISERVATA

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