La Nuova Sardegna

Il paradiso delle ostriche negli stagni dell’isola

Claudio Zoccheddu
Il paradiso delle ostriche negli stagni dell’isola

Un progetto finanziato dalla Regione permetterà di aumentare la produzione.  I ricercatori sono sicuri: «I nostri studi garantiranno anche un’altissima qualità»

29 luglio 2018
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SASSARI. Le chiamano “perle del mediterraneo” ma presto la loro geolocalizzazione potrebbe affinarsi fino a diventare molto più precisa. La Sardegna, infatti, è pronta a trasformarsi in un vivaio di ostriche che nasce con l’ambizione di ridistribuire quote di produzione sul mercato internazionale.

Per adesso la capacità europea è sbilanciata verso la Francia, che detiene il 70 per cento del pacchetto totale, lasciando il 20 per cento all’Irlanda e appena il dieci alle ostriche tricolore. La Sardegna contribuisce alla coltivazione del mollusco bivalvo con appena l’1 per cento della produzione nazionale. In futuro, però, le cose potrebbero cambiare. Ne sono convinti gli esperti che hanno studiato e che stanno realizzando il progetto Ostrinnova, un gigantesco incubatore per ostriche nato dall’indagine scientifica commissionata da Sardegna Ricerche e realizzata dall’Imc, l’istituto marino internazionale, che ha messo a punto un modello in grado di supportare la produzione attuale e di mettere a fuoco l’obiettivo dalla “coltivazione” intensiva.

Maura Baroli è la responsabile scientifica del progetto: «Lavoriamo per garantire l’innovazione anche in questo campo, il nostro impegno a favore delle imprese ha l’obiettivo di individuare e caratterizzare i siti sviluppando le competenze per la riproduzione delle ostriche». Perché le ostriche che si svilupperanno nell’isola dovranno avere una carta d’identità a chilometro zero e il mollusco, nelle intenzioni dei ricercatori, dovrà essere nato in Sardegna. Nessuna piccola ostrica da importare e “ingrassare”, dunque, ma nascite nei siti che hanno le potenzialità per supportare e sopportare un progetto di questo tipo: «Abbiamo previsto la realizzazione di un laboratorio sperimentale per la riproduzione, perché la nostra idea è anche diventare una scuola per la ricerca. Certo, la strada non è agevole – spiega ancora Maura Baroli –. Stiamo testando un modello di accrescimento che fino ad ora era stato realizzato solo in condizioni oceaniche mentre noi lo vogliamo programmare per funzionare nelle lagune. La sfida è anche e soprattutto questa».

Il mare, e l’oceano, hanno condizioni stabili, nel senso che le caratteristiche ambientali non sono soggette all’azione delle variabili che invece dominano la vita delle lagune, dove è sufficiente un periodo di piogge intense, o al contrario di estrema siccità, per rivoluzionare la salinità delle acque. Mettere a punto un progetto che tiene conto di un ambiente in costante mutazione non è certo un’impresa di poco conto: «Testiamo metodiche di allevamento che non sono mia state provate in ambito mediterraneo. Con questa metodologia possiamo individuare siti idonei, e siccome sulla carta ce ne potrebbero essere tanti, noi cercare di individuare i migliori – spiega la ricercatrice dell’Imc –. Per questo motivo sfruttiamo siti pilota di San Teodoro, Tortolì e Santa Gilla da cui attingiamo i dati sulla produzione, perché nelle lagune gli equilibri sono instabili e basta poco perché cambino le temperature, la salinità e la clorofilla. Una volta che abbiamo capito se il sito può ospitare un allevamento di ostriche cerchiamo di capire come può essere migliorato. Ecco perché il nostro progetto aiuta chi vuole investire. Per quanto ci riguarda, invece, Abbiamo raccolto i dati e iniziato la loro elaborazione e gli studi ambientali che ci faranno comprendere l’impatto degli allevamenti sull’ambiente con l’obiettivo di trovare l’equilibrio tra la produzione e la sostenibilità».

Al progetto cluster finanziato da Sardegna Ricerche hanno già aderito 14 aziende, alcune sono già nel business delle ostriche, altre ci stanno per entrare. «Lo sviluppo della produzione è un obiettivo strategico della Regione e il nostro modello può far capire sino a che punto si può crescere – spiega il direttore generale dell’Imc, Paolo Mossone –. Al momento la produzione sarda è inadeguata alla domanda ma le ostriche prodotte in Sardegna sono molto apprezzate e sono già arrivate in Francia, dove le hanno apprezzate. Tuttavia lo sviluppo dell’acquacoltura non è limitato solo dalle condizioni ambientali perché ottenre una concessione di un’area demaniale è complicatissimo».


 

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