La Nuova Sardegna

«Europa e Mediterraneo sono il futuro dell’isola»

Giovanni Bua
«Europa e Mediterraneo sono il futuro dell’isola»

L’ex presidente della Consulta a Villanova Monteleone, il paese del padre: nell’era della rete il mondo non è mai stato così vicino, la Sardegna ne approfitti

28 ottobre 2018
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SASSARI. Ieri sera era a Villanova. Per consegnare, insieme al fratello Fabrizio, nelle mani di una neo laureata la borsa di studio intitolata a suo padre Pietro, uno dei più brillanti economisti del secolo scorso, giunta alla sua sesta edizione. Quella “Biddanoa” dove suo nonno Andrea, calzolaio nato ad Alghero, mise radici aprendo la prima bottega. Che, nel 2012, gli ha conferito la cittadinanza onoraria. E dove, appena può, cerca di tornare.

Ha un pezzo di Sardegna nel cuore Valerio Onida, 82 anni, giurista e accademico, giudice costituzionale, presidente della Consulta e fra il 2004 e il 2005, professore e studioso conosciuto e apprezzato anche oltre i confini nazionali. E sempre in prima linea quando c’è da dare un parere, un’indicazione, un consiglio, un rimbrotto.

Il rimbrotto. Che non risparmia nemmeno alla “sua” Isola: «Bella, da togliere il fiato. Ricca di storia, di cultura, patria di elites politiche e raffinati giuristi e pensatori. Ma che forse non ha mai affermato compiutamente la sua “specialità”, le sue vere vocazioni. Certo, in gran parte, non per sua colpa».

Parole che Onida insiste nel definire quelle di «un semplice cittadino, che non conosce i dettagli della situazione sarda», per poi, sornione, lamentarsi di quanto sia difficile, d’inverno, trovare un aereo per arrivare da Milano ad Alghero: «Mi sembra incredibile che un paradiso nel cuore del Mediterraneo sia così poco collegato con il resto d’Europa, del Mondo».

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Il paradiso. Un paradiso che Onida ha scoperto tardi. «Quando sono nato i miei genitori erano già a Milano – racconta –. Anche se l’Isola, nel senso più pieno del termine, che solo un isolano può davvero apprezzare, era presente nei ricordi e nei racconti della mia famiglia. La Sicilia, di mia madre, La Sardegna, di mio padre. Per conoscere davvero i luoghi che abitavano solo nel mio cuore ho dovuto aspettare gli anni di insegnamento a Sassari».

L’università. Sono i primi anni ’70, dal 1970 al 1973. E Onida, fresco vincitore di un concorso di diritto parlamentare (bandito a Firenze e vinto, insieme a lui, da Silvano Tosi e Giuliano Amato) viene mandato a farsi le ossa “in provincia” per insegnare diritto parlamentare e poi istituzioni di diritto pubblico. «Alloggiavo all’Hotel Jolly, vicino ai giardini pubblici – ricorda –, passavo a Sassari qualche settimana al mese. E fui subito colpito dall’energia, dalla vivacità intellettuale che si respirava. Dalla sensazione che Sassari fosse molto più di una bella città di provincia, fosse un territorio assetato di novità». Erano gli anni della Giurisprudenza del primo preside comunista, Luigi Berlinguer. Del movimento studentesco nelle piazze e delle cattedre popolate da professori del calibro di Franco Bassanini e Gustavo Zagrebelsky (colleghi di materia di Onida), degli storici Nicola Gallerano, Andreina De Clementi e Giampiero Bozzolato, di Roberto Ruffilli, che negli anni Ottanta sarebbe stato chiamato da Ciriaco De Mita a guidare il dipartimento riforme istituzionali della Dc e, per questo, barbaramente ucciso dalle Brigate Rosse.

«Ricordo – sottolinea Onida – la altissima qualità scientifica di quel corpo docente, ma anche la grande voglia di nuovo che si respirava tra i ragazzi, tra gli intellettuali. E oggi, sentendo delle difficoltà in cui versa l’Isola, mi viene da pensare che parte di quella enorme carica si sia, negli anni, in parte dispersa».

Il papà. Difficoltà che Onida non vuole però che siano giustificazione. «Mio nonno Andrea, quando morì mia nonna, si trasferì da Villanova a Sassari per fare il guardarobiere al Convitto Nazionale. Lì sono cresciuti mio padre e i suoi due fratelli, tutti diplomati in ragioneria. Mio padre appena diventato ragioniere, trovò lavoro in banca a Genova, ma si dimise per iscriversi in Economia e Commercio a Venezia. E lì passò quattro anni, tornando tutte le estati a Sassari per fare lezioni private, per mantenersi agli studi. E da lì iniziò la sua brillante carriera. Suo fratello andò a lavorare all’Inps e girò l’Italia, diventando direttore a Torino. L’altro fratello lavorò al Banco di Sardegna, a Sassari. Erano anni duri, e la nostra era una famiglia umile. Ma io penso che chi ha motivazione e qualità trova il modo di emergere, chiaramente se ha la forza di coltivare i propri sogni».

Il modello. Sogni che talvolta si scontrano con un modello di sviluppo imposto, e sbagliato: «Non so dire, non conoscendo a fondo la situazione economica della Sardegna, quali siano gli specifici fattori che hanno “bloccato” l’isola – sottolinea il costituzionalista –. Posso però immaginare che abbia pesato la crisi dei grandi insediamenti produttivi minerari o petroliferi un tempo gestiti dalle partecipazioni statali. Che ha forse impedito il pieno sviluppo di un’economia turistica adeguata alle straordinarie caratteristiche e risorse dell’isola. E la crescita di un’adeguata classe di piccoli e medi imprenditori che la supportassero a dovere».

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Insularità. Sogni che a volte invece annegano nel mare: «L’insularità – spiega Onida – è una situazione di fatto, che richiede misure e politiche, europee, nazionali e regionali, che ne compensino gli svantaggi, ad esempio in termini di collegamenti. Ma quando sento parlare di un referendum per introdurre il principio di insularità nella Costituzione non mi pare abbia senso. La Costituzione già contiene i principi di universalità dei diritti fondamentali, di eguaglianza sostanziale, di tutela del lavoro in tutte le sue forme e applicazioni, di solidarietà anche interterritoriale, che devono guidare le politiche di sviluppo, fiscali e di spesa. Penso che più che cambiare la Costituzione bisogna dare gambe alla propria “specialità”, si tratta di riconoscere un dato di fatto e di tradurlo in provvedimenti concreti».

Speciali. Specialità che non è solo quella dello statuto: «È quella di una terra – spiega l’ex presidente della corte costituzionale – fiera e di antica storia. Che per sua natura è già interculturale. Aperta all’Europa, ai suoi popoli che qui vivono in intere comunità come quella catalana. Il mondo sembra tornare indietro, rifugiarsi nella politica gridata degli slogan e delle paure. Gli Stati si vogliono rinchiudere nei loro confini “sovrani”. A me questo non piace. E, come cittadino sardo, penso che per l’Isola sarebbe un clamoroso errore. Nell’epoca della rete il mondo non è mai stato così a portata di mano, essere in un’isola non è mai stato meno svantaggioso. La Sardegna deve sviluppare ed esercitare al propria autonomia, la sua vera prospettiva, per aprirsi al mediterraneo, all’Europa. Dal punto di vista turistico, enogastronomico, culturale, ma anche imprenditoriale. Con visione e coraggio».

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Nel cuore. Parole di uno che non è sardo solo per un cognome ereditato, o per un titolo onorario: «Villanova è il paese di Remundu Piras, poeta estemporaneo. Mi è capitato, girando per le strade, di assistere a una gara di versi tra poeti. Sono rimasto rapito, dalla profondità che avevo incrociato, quasi per caso. Perché la Sardegna è la terra di Sebastiano Satta e Grazia Deledda, di Enrico Berlinguer e di Antonio Segni. È la Sardegna dei nuraghi e dei porti romani, del mare cristallino e dell’interno inviolato. Dei sapori e degli odori indimenticabili, dell’ospitalità e della fierezza. Io penso che un luogo così magico, così completo, abbia tutti gli ingredienti necessari per immaginare e costruire un futuro, ricco di possibilità e di soddisfazioni. Sicuramente avrà sempre un posto nel mio cuore».
 

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