La Nuova Sardegna

Mario Segni accusa il Governo: «Ignorato il Centenario»

di Alessandro Pirina
Mario Segni
Mario Segni

Il leader referendario: «Grave errore non proclamare la festa nazionale. La storia va ricordata sempre, sbaglia la Meloni a criticare il 25 Aprile»

04 novembre 2018
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SASSARI. «Il centenario della fine della Grande guerra doveva essere festa nazionale. Il governo, non so se questo o il precedente, hanno commesso un grande sbaglio».

Mario Segni non si dà pace. Il leader referendario si dice basito dal fatto che Palazzo Chigi – a guida Gentiloni o Conte non fa differenza – non abbia proclamato la festa nazionale per la giornata di oggi. Il 4 novembre 1918 vi fu la resa dell’impero austro-ungarico e di fatto la vittoria dell’Italia.

«Sono passati cento anni da uno degli eventi più importanti della storia italiana – dice Segni – e non capisco come mai il governo non abbia deciso di celebrarlo a dovere. Non entro nel merito delle responsabilità, non so di chi sia la mancanza se di questo o del precedente esecutivo, ma sicuramente si tratta di un grave errore. Soprattutto in un momento in cui da tutte le parti si sente dire che rischiamo di perdere il senso della storia». Segni parla di “occasione mancata” per l’Italia di oggi.

«La fine della Grande guerra rappresenta uno dei momenti più importanti dei poco più di 150 anni della storia d’Italia. Il 4 novembre ricorda un fatto importantissimo. Dopo la ritirata di Caporetto, il momento più grave della vita della nazione, vi fu una straordinaria reazione del popolo italiano, una fortissima mobilitazione, che furono il motivo della vittoria. Ma c’è anche un altro aspetto che, da sardo, voglio sottolineare. L’impresa eroica della Brigata Sassari ha consentito all’esercito di oltrepassare il Piave, senza i sassarini le cose sarebbero andate diversamente».

Segni lamenta la mancata celebrazione del centenario, ma non assolve la Grande guerra. «Su quel conflitto ci sono enormi riserve, critiche: guerra inutile, enorme strage, senza contare quello che ha provocato nei decenni successivi. Tutto vero. Ma la storia – sottolinea – va ricordata e vissuta tutta, nelle sue glorie, nei suoi errori e nelle sue sconfitte. Sono solo i regimi dittatoriali che rifiutano di ammettere che la storia va ricordata nel suo insieme, anche con le sue ombre. Pretendono solo loro di rappresentare la nazione. Come fece il fascismo, che rifiutò di inserirsi nella storia nazionale e cercò addirittura di rifare il calendario, l’era fascista. Invece la democrazia ha bisogno della storia nazionale».

Mario Segni dice sì al 4 novembre, ma anche al 25 aprile e al 2 giugno, che invece la leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, ha liquidato come feste divisive. «Tutte le feste sono pezzi dell’unità nazionale. La Liberazione e la festa della Repubblica più che mai, sono la nostra storia. Festeggiare il centenario della Grande guerra sarebbe stato molto importante in questo momento storico, in cui vedo una spinta e una cultura che tendono a dimenticare l’unità e la storia nazionale. Lo vedo – conclude Segni – sia nei movimenti indipendentisti ma anche nella cultura di questo governo che interpreta il cambiamento come la cancellazione del passato».

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