La Nuova Sardegna

Una marcia per dire no alle servitù militari in Sardegna

di Luciano Onnis
Una marcia per dire no alle servitù militari in Sardegna

Sabato a Capo Frasca il sit-in contro le esercitazioni: ci sarà anche don Cannavera

08 ottobre 2019
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CAGLIARI. Riparte dal poligono di tiro aereo di Capo Frasca, in territorio di Arbus, la mobilitazione contro le esercitazioni militari e la presenza delle basi con le stellette nell'isola. Per sabato i movimenti indipendentisti e antimilitaristi, associazioni pacifiste, ecologiste e umanitarie (una quarantina in tutto i promotori) stanno lanciando un tam tam, con appuntamento alle 15, «a chi ha a cuore le sorti della nostra Sardegna, la pace e la salute dei suoi abitanti» e per ribadire che l’isola deve smettere di essere la piattaforma fissa di addestramento alla guerra. Cinque anni fa l’area davanti alla base di Capo Frasca fu invasa da migliaia di manifestanti che pacificamente chiedevano le dismissioni militari in terra sarda, a giorni il replay. Allora, era il 13 settembre 2014, ci fu qualche timido tentativo da parte di militanti nel gruppo degli antagonisti di forzare la mano con il tentativo di sfondare la rete di recinzione e con il lancio di fumogeni verso le forze dell’ordine in assetto antisommossa. Tutto finì lì (ma ci furono 5 indagati) e la manifestazione si rivelò un autentico successo di partecipazione e di festa. La riedizione dell’appuntamento a Capo Frasca è stata presentata ieri, sotto il porticato del palazzo del Consiglio regionale, dagli organizzatori e da alcune figure di spicco dei movimenti pacifisti e antimiltaristi, fra cui don Ettore Cannavera, Luisi Caria e Bettina Pitzurra. «Ci sono tante anime dietro l’organizzazione – ha detto Caria –, diverse sensibilità politiche che si mettono assieme per lottare contro un sopruso che la Sardegna subisce da quasi 70 anni». Don Cannavera ci mette sempre la faccia schierandosi in prima fila. «Dobbiamo risvegliare la nostra coscienza – ha detto il fondatore della comunità La Collina – e la responsabilità di tutti. La Sardegna è più che mai occupata da basi di guerra e di morte. Se non ci opponiamo, siamo complici. Anche il silenzio è complicità. Non possiamo essere una terra dove si preparano le guerre e le morti». Stessi concetti quelli di Claudia Zuncheddu, leader del movimento SardignaLibera: «La Sardegna ha già pagato costi altissimi con oltre mezzo secolo di occupazione militare». Toccante la testimonianza dei coniugi Giancarlo Piras e Abbondia Usei che 13 anni fa hanno perso il loro figlio a causa di una malattia letale contratta mentre prestava servizio di leva (allora obbligatoria) a Capo Teulada. «Era un ragazzo felice, buono, sempre allegro – hanno rievocato i genitori -, era stato messo a raccogliere da terra a mani nude i bossoli esplosi nell’addestramento alla guerra. In Sardegna abbiamo chi lavora per la guerra, nostro figlio ha trovato la morte».

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