La Nuova Sardegna

Guerra del latte, i 500 pastori indagati: «Tutti insieme in aula»

di Claudio Zoccheddu
Guerra del latte, i 500 pastori indagati: «Tutti insieme in aula»

Un pool di quindici avvocati difenderà gratis gli allevatori

22 novembre 2019
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SASSARI. L’attacco al “sistema” era iniziato più o meno in contemporanea in tutta l’isola. Un’offensiva che ha catturato l’attenzione ma anche generato conseguenze. E così, i pastori ci riprovano: se prima il fronte comune era impegnato a mettere in evidenza i motivi della protesta, adesso cerca una nuova unità per organizzare una sorta di gigantesca difesa collettiva dalle accuse mosse dalle Procure. Potrebbero finire a processo circa 500 – ma forse saranno molti di più – tra allevatori, familiari e simpatizzanti. La difesa sarà imbastita da una quindicina di legali, tutti già reclutati e pronti lavorare gratis.

La protesta. All’epoca le conseguenze erano state sottovalutate. I motivi possono essere stati diversi e una parte della spensieratezza potrebbe essere derivata dal clima di fratellanza tipico del periodo elettorale, dato che l’isola era il centro dello Stivale non solo per il latte che colorava le strade di bianco ma anche per le elezioni regionali del 24 febbraio. E nel mezzo di una protesta civile e sentita, c’era stato anche qualcuno che aveva perso la bussola e passato tutti i limiti. Non è un mistero, ci sono foto, audio e video che lo dimostrano. Contenuti inequivocabili spesso diffusi dagli stessi autori. Le denunce piovute sulle campagne dell’isola, però, sono molte più di quelle visibili a chiunque sulle pagine dei social network, utilizzati come megafono della protesta anche nei casi meno eleganti, come gli inseguimenti stradali ai “dissidenti”, gli assalti ai camion che nulla avevano a che vedere con il latte e con i suoi derivati e via dicendo. Il fronte dei denunciati, quindi, è molto più vasto ed è destinato a crescere con il passare dei giorni.

La difesa collettiva. Quando si ragiona su numeri così alti non è facile creare un fronte unito, nonostante i presupposti. La parte più complicata della sorta di class action allestita nella campagne sarde se le sono accollata due giovani allevatori, Gianluigi Dettori e Moira Murgia. «Abbiamo cercato la strada migliore per tutelare gli allevatori – spiega Gianluigi Dettori – ma anche i semplici familiari o simpatizzanti che sono finiti nell’occhio del ciclone perché hanno sostenuto la protesta perché si sono trovati nel posto sbagliato al momento sbagliato, senza nemmeno rendersene conto. Faccio un esempio – spiega l’allevatore di Giave –, una persona è stata denunciata perché risultava proprietaria di auto evidentemente segnalata dalle forze dell’ordine, solo che non era a bordo della vettura ma l’aveva semplicemente prestata a un amico». La strada è meno complicata grazie alla disponibilità di diversi legali: «Sono più o meno una quindicina e molti di loro si erano già fatti avanti quando i nostri rappresentanti avevano chiesto se ci fosse qualcuno disposto a lavorare gratis pur di tutelare la categoria – continua l’allevatore che sta cercando di mettere ordine in una questione complicata – e alla fine abbiamo avuto fortuna, anche perché forse molti di loro provengono da famiglie legate al mondo delle campagne». La difesa sarà gratuita, dunque, ma serve comune una raccolta fondi: «È necessaria perché se è vero che gli avvocati lavoreranno gratis è vero anche che ci saranno spese processuali da sostenere, come quelle necessarie per acquisire gli atti. E siccome è possibile che gli indagati siano migliaia, è chiaro che ci servirà l’aiuto di tutti».

Il vademecum. C’è un documento che rimbalza da una chat all’altra, una sorta di glossario da consultare in caso si riceva una denuncia, tutto riassunto in dieci punti. Un elenco “delle cose da fare” per definire una strategia di difesa unitaria. Nei primi punti sono concentrati i consigli basilari: «Non avere paura e non fare finta di niente», ma anche «andare in caserma a ritirare l'avviso di indagini» e soprattutto «non rifiutare di ricevere l'atto: si deve firmare e ritirare l'avviso di indagini». Poi inizia la parte più tecnica perché in caso di denuncia è necessario «contattare subito chi sta cercando di organizzare la difesa collettiva raccogliendo e smistando per provincia gli indagati per indirizzarli ai diversi avvocati che si sono resi disponibili alla difesa». Inoltre si richiede di «chiamare immediatamente i coordinatori se si è ricevuto un Decreto penale di condanna. È urgente incontrare un legale perché in questo caso se non si presenta opposizione entro 15 giorni dalla notifica, la condanna al pagamento diventa definitiva, poi non è più possibile contestarla. È indispensabile valutare la scelta difensiva più opportuna e adeguata alla persona incontrando il legale prima della scadenza dei 15 giorni, possibilmente non l’ultimo giorno». Si consiglia poi di «incontrare il legale, che fornirà i chiarimenti sugli atti processuali, le scelte difensive, i tempi e i costi da sostenere; di informarsi se ci sono altri denunciati dello stesso paese e comunicare anche agli altri cosa fare». Infine si consiglia di «non prendere iniziative tipo andare dai carabinieri a rilasciare dichiarazioni, pagare la condanna o altro senza aver consultato un legale».

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