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Insularità bocciata da Soru e la politica ora si spacca

Insularità bocciata da Soru e la politica ora si spacca

L’intervento controcorrente dell’ex governatore trova sostenitori e critici. Deiana: «Fine di un’ipocrisia». Cossa: «Chiediamo solo pari opportunità»

02 dicembre 2019
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SASSARI. Il sasso impertinente lanciato da Renato Soru sulla vetrina dell’insularità ha mandato in mille pezzi il placido incedere della battaglia di Palazzo.

Soru con coraggio ha espresso la sua posizione, controcorrente, almeno negli ambienti della politica. Bocciata la battaglia per il principio di insularità in Costituzione. Per l’ex governatore è una battaglia di retroguardia. Molto più utile aggiornare i contenuti dell’autonomia e puntare dritti sulla strada maestra della storia. Quella che in tutta Europa disegna una nuova società smart e green. E proprio su questi cardini Soru spiega come la Sardegna potrebbe fare del suo essere isola un vantaggio e diventare motore di questa rivoluzione sociale, culturale ed economica.

L’impostazione dell’ex govenratore piace al presidente dell’Anci Emiliano Deiana, che sposa la posizione di Soru. «Renato Soru rompe un’ipocrisia sulla “pillola” dell’insularità in Costituzione che sembra essere diventata la panacea di tutti i mali della Sardegna – scrive Deiana –. Dice Soru: “Trovo pericoloso chiedere di riaffermare in Costituzione che la Sardegna in quanto isola si porti dietro un ritardo di sviluppo innato e mai filmabile se non per via di una costante assistenza. Quasi una scusa di tutte le classi dirigenti della Sardegna. Stiamo dicendo: “siamo un’isola e dobbiamo rassegnarci a questo stato di inferiorità”. Una sorta di autoassoluzione, ma noi al contrario dobbiamo spingere sul senso di responsabilità. Su quello che possiamo già fare. Ma vado oltre e dico che questo principio è diseducativo perché di fatto dice ai giovani che hanno avuto la “malasorte” di nascere in un’isola e per questo di portano il fardello di una difficoltà maggiore rispetto ai coetanei del continente”. Adesso, magari, ci si può sedere con calma a discutere di tutto senza inutili semplificazioni: prima ci doveva salvare la “chimica verde”, poi con la sola forza referendaria avremmo salvato le istituzioni sarde, oggi ci salveranno metano e insularità. Sappiamo benissimo che è una semplificazione totale, ma a molti piace pensare che sarà la “medicina” che ci guarirà. La verità è che dobbiamo spendere ogni singolo euro in disponibilità per la Sardegna in istruzione, cultura e innovazione. Altrimenti non se ne esce dal sottosviluppo».

Opposta la posizione del consigliere regionale Roberto Deriu, che ha chiesto e ottenuto la creazione di una commissione speciale sull’insularità. «La commissione che ho proposto parte dall’idea di unire le otto isole del Mediterraneo in un’unica macroregione. Che può fare sistema per finanziamenti dedicati e battaglie comuni. E sono convinto che questa sia la chiave. L’ex governatore Pigliaru ha fatto tanto in questa direzione. Ha creato un’alleanza con Corsica e Baleari. Non resta che allargare questo accordo a quattro isole greche e alla Sicilia. Insieme facciamo una comunità di 14 milioni di persone. Ma vado oltre e dico che è utile anche il riconoscimento dell’insularità in Costituzione. Se si pensa alle richieste che arrivano dalle regioni di un’autonomia differenziata noi non possiamo restare abbarbicati alla Specialità del 48. Dobbiamo andare oltre».

Quasi scontata la posizione di Michele Cossa, Riformatori, uno dei padri della battaglia sull’insularità in Costituzione. «Soru ha una visione idealizzata dalla situazione – dice –. I collegamenti telematici non risolvono il gap delle infrastrutture, né la danno la possibilità alle persone e alle merci di spostarsi dall’isola. La battaglia per l’insularità nasce per avere pari opportunità con il resto d’Europa. Non si chiedono trattamenti di favore, ma pari dignità. Basta osservare la certificazione del gap infrastrutturale che vede la Sardegna in coda. Certo, poi concordo sul fatto che la politica debba fare una assunzione di responsabilità su questo immobilismo non c’è dubbio. Noi chiediamo pari opportunità, non regali da parte dello Stato». (l.roi)

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