La Nuova Sardegna

Guerra al cemento abusivo in Sardegna, pronti i soldi per i comuni

di Mauro Lissia
Guerra al cemento abusivo in Sardegna, pronti i soldi per i comuni

Arrivano i bulldozer della Procura generale, per le spese c’è un fondo pubblico

13 dicembre 2019
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CAGLIARI. Il messaggio è chiaro: la magistratura scende in campo in difesa dell’ambiente e del paesaggio naturale, ai grandi abusi edilizi sparsi nelle aree più pregiate dell’isola penserà la Procura generale con l’aiuto del Corpo Forestale e dei tecnici chiamati a costituire la nuova cabina di regia contro il cemento selvaggio. Ma se le amministrazioni comunali della Sardegna si sentiranno sulla stessa linea e vorranno finalmente affrontare il problema eterno dei mattoni illegali, i soldi ci sono e chi li chiederà non dovrà per questo appesantire il bilancio dell’ente locale.

Il meccanismo per finanziare le demolizioni è lo stesso, sia che a chiamare i bulldozer sia la magistratura che un qualsiasi comune dell’isola: una richiesta alla Cassa depositi e prestiti, la banca di Stato che dal 2003 - articolo 32 del decreto legge 269 - ha messo a disposizione un “Fondo demolizioni opere abusive” dal quale è possibile ottenere anticipazioni senza alcun tasso d’interesse per buttare giù gli ecomostri. Tutti gli ecomostri, anche quelli destinati a sparire su disposizione dell’autorità giudiziaria. Funziona così: conclusa la procedura di contestazione dell’abuso senza che il responsabile abbia accettato di intervenire a spese proprie, l’amministrazione - in parallelo all’eventuale procedimento penale - incarica un’impresa di radere al suolo le strutture fuorilegge e di riportare l’area alle condizioni naturali. Se i soldi per pagare l’impresa ci sono, si va avanti direttamente. Nel caso contrario il Comune può ricorrere al Fondo della Cassa depositi e prestiti: regolamento e moduli sono online nel sito della banca controllata dal Ministero dell’economia e finanze. Il finanziamento dovrà essere rimborsato entro cinque anni, ma il Comune potrà rivalersi sull’autore dell’abuso edilizio perché alla fine dovrà essere lui a saldare il conto. L’operazione si potrà avviare e concludere al di fuori dal bilancio, quindi non influirà sui vincoli imposti dal patto di stabilità o dalle previsioni, come dire che non ci sarà alcun indebitamento per l’ente pubblico.

Fin qui la mai risolta questione dei fondi destinati alle demolizioni, quelli che i comuni dicono sempre di non avere. Ma perché l’iniziativa della Procura generale di abbattere subito 56 ecomostri si apra ufficialmente bisognerà che l’ufficio del sostituto procuratore Giancarlo Moi concluda la fase preparatoria del programma. Prima di tutto le procure territoriali - Sassari, Tempio Pausania, Nuoro, Oristano e Cagliari - dovranno firmare un protocollo d’intesa in base al quale il compito di eseguire le sentenze di demolizione passate in giudicato venga affidato al massimo ufficio requirente della Sardegna, che ha sede a Cagliari. Una volta raggiunto l’accordo sarà la cabina di regia coordinata da Moi a stabilire un calendario degli interventi di demolizione con la scala delle priorità. Parte delle notifiche sono già in viaggio. È bene ricordare che in questa fase ad attendere le ruspe giudiziarie sono soltanto gli immobili condannati alla demolizione con sentenza definitiva. Il centro sportivo Green Blue di Quartu Sant’Elena dovrebbe essere il primo grande abuso a cadere, subito dopo i bulldozer delle imprese incaricate dalla magistratura si sposteranno nelle altre province dell’isola, per cominciare probabilmente dalle località della Gallura dove anni fa il procuratore Domenico Fiordalisi aveva lanciato la sua campagna giudiziaria contro il cemento illegale. Altri interventi sono previsti a Bosa, Tertenia, Olbia e Valledoria.

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