La Nuova Sardegna

Pecorino romano, assalto al Giappone

Pecorino romano, assalto al Giappone

Lotta contro la contraffazione, il Consorzio di tutela registra il marchio a Tokyo

19 dicembre 2019
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MACOMER. Non solo la Denominazione, ora anche il marchio collettivo del Pecorino romano è riconosciuto dal Giappone: la testa di pecora stilizzata che garantisce origine, natura e qualità del prodotto, è stata registrata dal Consorzio di tutela, che colloca così un nuovo tassello nella lotta all’italian sounding, la contraffazione con l’utilizzo di nomi che richiamano quelli del made in Italy.

La Dop era in parte già protetta dall’Ape, l’accordo di partenariato economico tra l’Ue e Giappone, in vigore dal febbraio scorso, mentre ora è il marchio a essere blindato grazie alla registrazione ammessa dall’ufficio marchi nipponico. «È il risultato di un lavoro lungo e paziente – dice il presidente Salvatore Palitta – portato avanti dai nostri legali e durato diversi mesi, fatto di scambi dialettici continui. Il consumatore giapponese avrà da oggi un elemento in più per capire se quello che sta comprando è il prodotto originale». Allo stesso modo, il soggetto titolare del marchio è messo nella condizione di legare a tale strumento di identificazione il proprio prodotto, le qualità e le prerogative dello stesso, oltre ad avere la possibilità di usarlo in esclusiva.

La registrazione del marchio fornisce una marcia in più all’operazione di espansione sul mercato nipponico del pecorino romano: nell’ultimo triennio sono stati esportati circa 4000 quintali per un giro d’affari di 3 milioni di euro. Il Consorzio considera quello giapponese un mercato estremamente interessante, qui i formaggi stanno riscontrando un notevole successo nel gusto dei consumatori: nel 2017 il consumo totale è stato di 325.000 tonnellate (+6,5%), ovvero 2,5 chili pro capite; il consumo diretto di formaggi naturali è aumentato del 7,5% (192.681 tonnellate), con un’incidenza del 60,1% sul totale, mentre quello di formaggi fusi è aumentato del 7,4%.

Inoltre si tratta di un mercato molto remunerativo, sia per l’elevato numero di abitanti concentrati nelle grandi aree metropolitane, sia grazie a un Pil pro capite elevato (37.300 dollari contro i 30.300 per l’Italia). Nel 2015 la spesa media annua di una famiglia per l’acquisto di formaggi è aumentata del 4,6% e la quantità acquistata è stata stabile (+1,2%), dunque l’incremento è dovuto a un aumento del prezzo medio dei formaggi passato da 133 a 170 Yen.

E tra gli 81 progetti triennali selezionati dall’Ue per sostenere i programmi di promozione dell’agroalimentare nel 2019 c’è anche un progetto del Consorzio (si chiamato Chizu, formaggio in giapponese), che lo ha finanziato con 840mila euro, portandolo a un valore complessivo di oltre 1 milione di euro. Punta soprattutto sulla ristorazione, in particolare ai ristoranti nella zona di Tokyo, per poi crescere nella grande distribuzione. Fra le attività previste dal progetto, che partirà nel 2020, il “Carbonara Day”, programmi televisivi, eventi promozionali, attività social e applicativi web, oltre alle principali fiere giapponesi. «Portiamo dunque avanti un’operazione che ha come cardini tutela e promozione: due elementi fondamentali che, procedendo di pari passo, rafforzano la diffusione del prodotto proteggendone l’originalità e dunque tutelando l’economia del nostro Paese», spiega Palitta. (a.palm.)



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