La Nuova Sardegna

Pisu, la paladina dei diritti: la mia battaglia per il fine vita

di Alessandro Pirina
Pisu, la paladina dei diritti: la mia battaglia per il fine vita

La docente universitaria è presidente dell’associazione Piludu intitolata all’ex Pci «Portiamo avanti l’eredità morale di Walter. La società è più avanti dei politici»

10 febbraio 2020
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CAGLIARI. Il diritto è la sua vita, la sua materia di studio, la sua professione. Laureata in Giurisprudenza, ricercatrice, docente di Privato, magistrato onorario, Alessandra Pisu si definisce «una donna immersa nella legge. Da oltre la metà della mia vita non mi occupo di altro». Di altri sì, però. Perché lei, da qualche tempo, è presidente della associazione Walter Piludu, intitolata all’ex presidente della Provincia di Cagliari che, colpito dalla Sla, aveva dedicato l’ultima parte della sua vita alla battaglia per il testamento biologico. Era arrivato a scrivere anche al Papa, oltre che ai principali leader di casa nostra, da Renzi a Berlusconi, da Grillo a Salvini. La risposta - tardiva, perché arrivata dopo la sua morte - gliela ha data il Parlamento con l’approvazione della legge sul biotestamento. Un successo, in qualche modo, anche per l’associazione che porta il suo nome, fondata dai familiari e dagli amici all’indomani della sua morte per portare avanti le battaglie per la libertà di scegliere, ma in generale per i diritti civili. E oggi la portavoce di queste lotte di civiltà è Alessandra Pisu.

Una vita per il diritto. Cagliaritana, liceo classico, facoltà di Giurisprudenza, dottorato di ricerca. Alessandra Pisu ha percorso tutto il cursus honorum che l’ha portata a insegnare all’università. Diritto privato nella facoltà di Economia a Cagliari. «Il diritto è sempre stata la mia passione, ma mai avrei pensato di diventare docente – racconta –. È un lavoro che mi piace moltissimo. Come anche l’esperienza da magistrato onorario. Avevo iniziato vent’anni fa per vedere come il diritto viene applicato nelle aule, ora ho deciso di lasciare, perché l’attività è diventata inconciliabile con gli altri impegni». Tra cui appunto la presidenza dell’associazione Piludu.

Il caso Piludu. È stata proprio la storia dell’ex presidente della Provincia di Cagliari, comunista che non aderì mai alla svolta della Bolognina, a spingere Alessandra Pisu a occuparsi delle battaglie per i diritti. «Già avevo avviato una mia riflessione sul fine vita, sui diritti della persona, sulle libertà civili – racconta –. L’interesse è aumentato quando mi sono imbattuta nella storia di Walter Piludu. Rimasi molto colpita dalle sue lettere in cui si appellava alla politica per chiedere una legge sul testamento biologico. Il caso volle che la moglie di Piludu, Marinella Maucioni, fosse stata la mia professoressa di storia e filosofia al liceo. Una persona molto importante nella mia formazione, che però non avevo quasi più visto né sentito. Ho deciso di inviarle un messaggio per esprimerle solidarietà, per dirle che apprezzavo quanto il marito faceva e che tutti gli interrogativi posti da lui mi avevano fatto sentire in dovere di trovare una risposta da giurista».

L’associazione. Dopo la morte di Piludu, avvenuta il 3 novembre 2016 a 66 anni, Alessandra Pisu ha ricevuto una telefonata. Era la moglie del politico ex Pci. «Mi ha chiesto di partecipare alla fondazione di questo progetto. E io ho accettato subito». All’inizio la presidenza dell’associazione era affidata al giornalista Giancarlo Ghirra, poi nel gennaio 2018 l’avvicendamento. «I fondatori hanno pensato a me per la presidenza. Sono molto convinta e motivata, perché ci occupiamo di questioni importanti, solo in parte risolte. Dopo che è morto Walter qualcosa è cambiato, in poco tempo si è arrivati alla legge sul testamento biologico. Traguardo importante ma parziale. Piludu chiedeva buone leggi che consentissero all’individuo di esercitare le proprie libertà personali, in maniera schietta parlava di eutanasia. Di cui dovremmo sempre ricordare il significato etimologico: morire in modo buono».

Le battaglie. Non solo la legge sul testamento biologico. Negli ultimi mesi un grande punto a favore della lotta per i diritti civili lo ha segnato la Corte costituzionale con la storica sentenza che ha poi portato la Corte d’assise di Milano ad assolvere il radicale Marco Cappato sulla vicenda di Dj Fabo. «La Consulta, con questa sentenza, ha fatto un’altra importante apertura verso l’assistenza medica alla morte volontaria, il cosiddetto aiuto al suicidio – dice Alessandra Pisu –. E invita il Parlamento a intervenire perché la legge non è in grado di dare risposte soddisfacenti». Pisu ammette che sul dibattito sul fine vita la società sia molto più avanti della classe politica. «In questi tre anni, e in qualsiasi contesto mi trovassi, sono stata contattata da persone di ogni età ed estrazione politica. Di fronte alle nostre riflessioni sul tema non ho mai trovato voci contrarie. Certo, accanto all’esigenza di tutelare le libertà personali, emerge anche la necessità di regole chiare che agevolino i medici per evitare un’ipocrisia latente nella nostra società, quella del fare ma non dire. La stessa Corte sottolinea l’irragionevolezza di un ordinamento in cui - a parità di condizioni - si può morire col distacco delle macchine o con la sedazione profonda, ma non si può intervenire con la somministrazione che porti direttamente alla morte». L’associazione ha allargato i suoi orizzonti. «L’eredità morale di Piludu è quella di cercare di creare le condizioni culturali perché tutti i diritti e le libertà trovino un riconoscimento – spiega Pisu –. Quest’anno abbiamo presentato un progetto sulla bioetica nei licei dell’isola. L’intento è far avvicinare le giovani generazioni a una materia che non viene insegnata nelle scuole, ma è indispensabile per affrontare i grandi interrogativi della vita, i dubbi sul senso del nostro stare al mondo, sulle possibilità e i limiti della scienza e della tecnica, sulle nostre responsabilità nei confronti della vita. Credo sia una riflessione che aiuti a maturare una maggiore consapevolezza dei nostri diritti e doveri. In sostanza, è un invito alla libertà».

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