La Nuova Sardegna

Cinzia, pastora e mamma, dice basta: «Il latte lo spediamo in Toscana»

Silvia Sanna
Cinzia, pastora e mamma, dice basta: «Il latte lo spediamo in Toscana»

"Ho tre figlie e negli ultimi 12 mesi ho partecipato con mio marito a tante manifestazioni e siamo finiti tra gli indagati"

12 febbraio 2020
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SASSARI. Trent’anni, tre figlie di 9, 7 e 2 anni, un’azienda con 250 pecore, vacche e maiali, l’ultimo anno vissuto tra la campagna e la strada, a manifestare per «difendere la nostra dignità». Cinzia Conteddu, di Siniscola come il marito Davide Mulargia, racconta come ci si sente di fronte alla prospettiva di non poter sfamare i propri figli. «Ti senti franare la terra sotto i piedi, poi capisci che devi darti da fare per cambiare le cose».

E da cambiare, un anno fa, c’era il prezzo del latte: «Gli industriali ce lo pagavano 60 centesimi al litro, una miseria con la quale non riuscivamo a coprire le spese dell’azienda. Per questo è nata la protesta sulle strade, per questo abbiamo manifestato pacificamente gettando via il latte, il frutto del nostro lavoro».

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Un anno dopo, Cinzia dice che nulla è cambiato. Anzi, «la situazione è peggiorata perché io e mio marito, come moltissimi altri pastori, abbiamo ricevuto un avviso di garanzia per la manifestazione a Siniscola dell’8 febbraio scorso. Quando l’abbiamo saputo non volevamo crederci: mai avremmo pensato di finire in un tribunale per avere difeso i nostri diritti. Ricordo bene quel giorno: avevamo rallentato il traffico spiegandone le ragioni agli automobilisti. Nessun atteggiamento violento, né in quell’occasione né in tutte le altre: io spesso andavo a versare il latte con la mia bimba più piccola, non l’avrei mai esposta a una situazione di potenziale pericolo»

. E l’altra beffa, avviso di garanzia a parte, è che il prezzo del latte non è mai salito, se non di una manciata di centesimi. «Io non ho mai creduto alle promesse che ci fecero vari politici in campagna elettorale: a Siniscola noi pastori avevamo restituito le schede disertando le urne. E non ci credo neanche adesso – continua Cinzia Conteddu –. Il fatto che in un anno non sia cambiato nulla è la dimostrazione che da parte della politica non c’è volontà né intenzione di risolvere i problemi». E le poche proposte lanciate sinora sono inaccettabili: «Vorrebbero pagarci per fermare la produzione di latte, ma stiamo scherzando? Noi vogliamo lavorare e questi vogliono dare il “reddito di cittadinanza” alle pecore. Una vergogna, si tengano le loro elemosine: che esempio darei alle mie figlie se accettassi?» 

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La strada scelta da Cinzia e dal marito Davide è molto diversa e porta lontano dall’isola: «Qui gli industriali hanno fatto cartello e continuavano a pagarci il latte a 74 centesimi. Noi abbiamo detto basta e da dicembre spediamo il nostro latte in Toscana: il prezzo pattuito supera 1 euro al litro, togliendo i costi del trasporto noi incassiamo 88 centesimi puliti. C’è una bella differenza. E non siamo soli: qui a Siniscola altri 24 allevatori mandano il latte in Toscana e anche da altri paesi stanno valutando questa opportunità. So che in totale dalla Sardegna sono già partiti 2 milioni e mezzo di litri di latte per produrre pecorino toscano. È chiaro che dispiace, tutti vorremmo che il latte prodotto dalle nostre pecore venisse lavorato qui. Ma noi dobbiamo vivere. Per questo – conclude Cinzia – sino a quando la situazione non cambierà ci rivolgeremo ad altri che pagano un prezzo equo. Chiediamo rispetto, per noi stessi che ci ammazziamo di fatica, e per i nostri figli».
 

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