La Nuova Sardegna

L'addio al carbone rimandato al 2030, forse

Giuseppe Centore
L'addio al carbone rimandato al 2030, forse

Si allungano i tempi per la transizione energetica: impossibile rispettare quelli fissati dall’ex ministro

15 febbraio 2020
4 MINUTI DI LETTURA





CAGLIARI. Carbone, l’uscita al 2025 è nei fatti impossibile, e ora informalmente nei palazzi della politica si sta cercando di mettere rimedio a una situazione a dir poco imbarazzante, perché non è che dopo due mesi dall’invio alla Commissione Europea del Pniec, il Piano energia e clima, il governo può andare a Bruxelles e dire, «scusate, abbiamo scherzato e ci siamo fatti prendere la mano». Eppure questo è successo, forse anche per un approccio demagogico e irrealistico dei decisori politici. Il ministero dello Sviluppo, a guida di Maio, aveva detto e ripetuto senza alcun dubbio che l’addio al carbone al 2025 era possibile. Niente indugi e problemi: via, in cinque anni, come se avessimo soldi e tempo, elementi necessari per costruire una alternativa credibile al carbone, che oggi in Italia rappresenta poco più di un decimo dell’energia prodotta. Eppure si sapeva che non avevamo né l’uno né gli altri, come dimostra la prudente decisione della Germania che ha spostato in avanti l’uscita dal carbone e ha messo a “correre” per questa impresa 40 miliardi di euro.

Adesso ci si scontra con la realtà, e l’ultima zeppa che rappresenta l’addio ai sogni di una uscita rapida dal carbone viene dal ministero dell’ambiente che ha ritenuto necessaria la Valutazione di Impatto Ambientale anche per le riconversioni delle centrali oggi a carbone, invece della più rapida autorizzazione.

I tempi. Il calendario non aiuta. La legge stabilisce che entro un anno dalla richiesta debba essere fornita la Via, ma i tempi medi di rilascio si aggirano sui tre anni, e questo in un processo ordinato. Ma quando si parla di Via si entra in un labirinto da cui è difficile uscire rapidamente, perché dopo la presentazione del progetto da parte dell’azienda intervengono i ministeri, gli enti locali, le amministrazioni periferiche dello Stato, le associazioni e tutti coloro che si ritengono interessati.

L’isola. Veniamo alla Sardegna, e ipotizziamo che le società detentrici delle due centrali a carbone, Eph a Portotorres e Enel a Portovesme decidano domani di presentare i progetti per la riconversione. Eph ha già detto che vuole passare a gas solo uno dei due gruppi, lasciando l’altro a biomasse. Enel pensa una conversione totale a gas, ma si dichiara indisponibile a gestire la fase di approvvigionamento del combustibile. E qui i tempi minimi per progetto e autorizzazioni spostano in avanti, di almeno tre anni il termine ultimo del 2025. Un anno ci passa solo per la pratica di assoggettabilità alla Via, tre anni per la stessa Via e se il progetto fosse presentabile si arriva giusto allo scadere del termine ultimo. Il punto dove cade l’intero castello però sta nel fatto che in Sardegna non è possibile trasformare le centrali da carbone a gas se non c’è un sistema sicuro, esteso e conveniente di approvvigionamento, stoccaggio e distribuzione del gas. I tre depositi oristanesi, quello previsto a Cagliari e quello futuribile a Sassari, da solo non servono a alimentare una centrale a gas. Viste le dimensioni di quelle sarde, la richiesta teorica sarebbe di 1,5 milioni di metri cubi di gas al giorno, pari a quattro giorni di deposito. Servirebbero circa 120 carri bombolai, grandi camion particolari, al giorno per rifornire ciascuna delle due centrali a sud e a nord. A che costi, economici e ambientali? Ecco perché il phase-out del carbone sardo è entrato in un vicolo cieco. Enel ha detto che non vuole entrare nella partita del gas, vuole solo comprarlo per la sua centrale, e averlo stoccato vicino all’impianto. Il resto non interessa. A nord non c’è nemmeno il progetto del deposito costiero, la sua località, le dimensioni, i proponenti, figuriamoci i tempi per la sua messa in esercizio. L’unica alternativa radicale, nel senso estrema, sarebbe quella di realizzare due capaci rigassificatori a nord e a sud, ma i tempi per realizzarli in mare, causa autorizzazioni e procedure sono ben oltre il 2030. E poi chi li farebbe?La decisione del ministero dell’Ambiente, pur retto dal grillino Costa segna così la fine del progetto, troppo ambizioso, dell’addio al carbone. E la fine dei sogni di chi ha scambiato gli atti di politica energetica per una campagna elettorale.

@gcentore. ©RIPRODUZIONE RISERVATA

In Primo Piano
La sentenza

La Corte Costituzionale cassa le “norme estranee” fra quelle sanitarie che la Regione aveva inserito nella legge di stabilità 2023

Le nostre iniziative