La Nuova Sardegna

Condannato il notaio che aiutò il socio di Mesina

Mauro Lissia
Condannato il notaio che aiutò il socio di Mesina

Tre anni di carcere, interdizione per 5 anni e multa a Carlo Mario De Magistris. Colpevole di riciclaggio per aver omesso verifiche sui beni di un trafficante

02 luglio 2020
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CAGLIARI. Quando il pregiudicato Gigino Milia, presunto trafficante di stupefacenti, si è presentato al suo studio per trasferire tutti i beni immobili a familiari e conoscenti, il notaio cagliaritano Carlo Mario De Magistris avrebbe dovuto fiutare il marcio, fare verifiche su una decina di operazioni sospette e segnalarle al consiglio notarile. Conosceva Milia, sapeva della sua amicizia d’affari con Graziano Mesina e dei suoi trascorsi giudiziari, per la Procura un controllo sull’origine presumibilmente criminosa dei beni era d’obbligo. Ma non l’ha fatto e l’omissione gli è costata ieri la condanna a tre anni di reclusione per riciclaggio in continuazione, più l’interdizione dai pubblici uffici per 5 anni e la multa di 20 mila euro.

La sentenza, arrivata a dieci anni esatti dall’accertamento dei fatti, è stata emessa dai giudici della prima sezione del tribunale – presidente Marogna, a latere Melis e Patrito - in assenza dell’imputato e in linea perfetta con la richiesta del pm Gilberto Ganassi. Annunciato fin d’ora il ricorso in appello, il difensore Rodolfo Meloni ha contestato aspramente la decisione del tribunale: «È una sentenza assurda - ha sostenuto in una nota diffusa nel pomeriggio - e profondamente ingiusta, frutto di un acritico recepimento di pure illazioni accusatorie». Per l’avvocato Meloni è «una condanna senza prove, basata solo su una prevenzione accusatoria giustificata dal fatto che parte interessata era Gigino Milia». Prosegue Meloni: «Si è fatta carne da macello della presunzione di non colpevolezza, per la giustizia è un giorno triste».

I fatti al centro del processo risalgono al 10 giugno 2013, quando la Dda di Cagliari mette a segno una grande retata nel mondo del traffico di stupefacenti. Finiscono in carcere 28 persone e fra queste l’ex latitante Graziano Mesina e il suo amico Gigino Milia. Se per l’orgolese l’arresto è quasi una sorpresa, Milia probabilmente se l’aspettava: la Dda pensa infatti che prima di trovarsi la polizia a casa il presunto trafficante si sia sbarazzato dei propri beni principali, intestandoli a parenti e personaggi fittizi per evitarne il sequestro preventivo. In questa fase della vicenda - sostiene il pm Ganassi - il notaio De Magistris gli avrebbe dato una mano, negli anni dal 2008 al 2010, chiudendo un occhio sulla necessità di compiere verifiche sui numerosi e articolati passaggi di proprietà. I beni non erano pochi: terre a Fluminimaggiore, un edificio a Buggerru, una casa ad Arbus, vecchie cose di famiglia ma non solo. La conseguenza, per il notaio, è stata nefasta: a suo tempo la Guardia di Finanza gli ha notificato un avviso di garanzia con l’accusa di concorso in riciclaggio e subito dopo gli ha gentilmente perquisito lo studio cagliaritano di via La Maddalena. Il provvedimento richiesto dal pm Ganassi faceva riferimento alla mancata ottemperanza agli obblighi di legge sull’identificazione di chi compra e vende immobili, sull’origine dei beni e sulla loro destinazione. In pillole: De Magistris doveva informarsi a puntino sulla figura criminale di Gigino Milia e segnalare i suoi affari al consiglio notarile perché gli desse un parere sull’opportunità di assisterlo. Non l’ha fatto e ieri è arrivata la condanna.

Arrestato con Mesina nel 2013, Milia non è mai stato giudicato per il traffico di droga: si è ammalato durante il dibattimento e la sua posizione è stata stralciata dal tribunale. Mesina è invece oggi in libertà per decorrenza di termini malgrado la condanna a trent’anni.

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