La Nuova Sardegna

In Sardegna la scelta giusta contro l’erosione delle coste

Antonello Palmas
In Sardegna la scelta giusta contro l’erosione delle coste

Paltrinieri: «Lo stop alle barriere ha dimezzato le aree compromesse»

16 luglio 2020
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SASSARI. Dovremo chiedere scusa alle onde del mare. Per decenni additate come la causa dell’erosione delle coste, delle spiagge che spariscono, ora vengono clamorosamente riabilitate dagli studi scientifici più avanzati che invece individuano il vero colpevole nella modifica delle correnti litoranee. Insomma nella lotta al problema è stato sbagliato tutto, anzi si è peggiorata di molto la situazione. Dalla ricerca svolta da BlueMonitorLab, il centro studi sulla Blue Economy presieduto da Giulio Sapelli, sulla base degli studi della startup Corema Spiagge guidata dal geologo Diego Paltrinieri, uno dei massimi esperti del fenomeno, risulta che ogni anno lo Stato e le Regioni spendono più di 100 milioni in interventi di protezione delle spiagge (pennelli, moli, scogliere artificiali) o nel ripascimento con materiale di risulta proveniente spesso dai greti dei fiumi.

Barriere dannose. «Quasi ovunque in Italia – spiega Paltrinieri – quando c’è un problema di erosione su una costa bassa e sabbiosa si, interviene con barriere sommerse o emerse, parallele alla linea di costa. Ne sono state istallate per 1300 chilometri, nella convinzione che siano la soluzione. Invece quelle opere sono un rimedio peggiore del male: limitano l’erosione per uno-due anni in quella zona, ma in realtà spostano il problema in un altro punto a seconda di dove vanno le correnti longitudinali, quelle che invece influiscono sull’erosione». Mentre le onde tendono ad accumulare a riva materiali talora ripescati anche dai fondali, le correnti generano un effetto d opposto.

Strategie errate. «Il moto ondoso non c’entra nulla con l’erosione. So che si tratta di un’affermazione forte – commenta Paltrinieri – però un tempo si diceva anche che il Sole gira attorno alla Terra, perché sembrava evidente fosse così. Ma ormai molte ricerche internazionali dicono che si è sbagliato e in California hanno accertato che l’80% dell’erosione è stata causata proprio dalle barriere, ora proibite. Basti dire che nel ’70 l’Italia aveva 600 chilometri di coste con erosione. Sono stati costruiti 1300 chilometri di barriere, portati 35 milioni di metri cubi di sabbia per il ripascimento, spendendo 5 miliardi di euro col risultato che siamo passati a 1500 chilometri interessati dal fenomeno. C’è qualcosa che non quadra».

La situazione nell’isola. La Sardegna rappresenterebbe la conferma della bontà di questa teoria. «L’isola – dice l’esperto – ha ridotto i chilometri interessati in modo consistente, dai 160 del 2000 (dati Apat) agli 84 segnalati dal tavolo nazionale sull’erosione costiera del 2018. Guarda caso, a parte l’entrata in vigore del Ppr, è proprio il periodo in cui si è smesso di costruire opere rigide per proteggere i litorali, mentre in altre regioni come Abruzzo, la mia Emilia Romagna e la Calabria, si è proseguito con risultati disastrosi». Si parla di business delle opere di protezione. «Più si spende in queste opere, più il mare erode i litorali, più il Paese si impoverisce, con la sola eccezione di chi queste opere progetta e costruisce» dice il geologo. E fa l’esempio di Alghero dove la costruzione di pennelli ha preservato il Lido, ma provocato mareggiate devastanti a Maria Pia.

L’esempio dell’antica Roma. C’è un altro problema, quello delle opere portuali. «Non sono un ambientalista fondamentalista – dice Paltrinieri – so che le opere ci vogliono, ma occorre studiarle con criterio. I romani costruivano i moli su palificate aperte, non perché non avessero i mezzi per chiudere completamente i bracci, ma perché erano coscienti del ruolo delle correnti litoranee. Noi 2000 anni dopo chiudiamo tutti i moli, ma così facciamo disastri, provocando tra l’altro l’insabbiamento dei porti (più della metà di quelli italiani ha questo problema)». La Pelosa, spiaggia gioiello di Stintino, è messa a rischio soprattutto dal cambiamento delle correnti legato alla costruzione di moli. Un esempio eclatante è la spiaggia di Giorgino, ridottasi di molto a causa della costruzione del Porto canale di Cagliari.

Un miliardo di euro all’anno. Dallo stesso studio emerge che in 50 anni l’Italia ha perso 35-40 milioni di metri quadri di coste, spiagge e arenili. Con un danno di 45 miliardi di euro (uno all’anno circa), se è vero che un metro quadro di costa produce un reddito di 1000 euro in entrate turistiche. Il Corema ricorda che proprio ora prende consistenza la proposta del Governo di prorogare di altri 13 anni le concessioni demaniali per la gestione di stabilimenti balneari, mentre l’erosione, il problema dei problemi, viene sottovalutato. Eppure da una proiezione sui prossimi dieci anni emerge che è destinato ad accelerare in modo esponenziale. Specie se le centinaia di interventi già approvati, in carenza di un qualsivoglia studio sulle correnti, saranno verranno portati a termine.

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