La Nuova Sardegna

Verso il marchio di qualità per le strutture 

Sui social network l’unione fa la forza: «Aiutiamo chi vive le nostre difficoltà»

Sui social network l’unione fa la forza: «Aiutiamo chi vive le nostre difficoltà»

SASSARI. A soli due mesi dall’apertura la loro pagina facebook “Spiagge accessibili ai disabili in carrozzina in Sardegna” i follower sono quasi 10mila. Loro sono Alfio Uda, ex cestista e arbitro di...

30 luglio 2020
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SASSARI. A soli due mesi dall’apertura la loro pagina facebook “Spiagge accessibili ai disabili in carrozzina in Sardegna” i follower sono quasi 10mila. Loro sono Alfio Uda, ex cestista e arbitro di calcio di Macomer vittima di un incidente stradale che lo ha costretto in sedia a rotelle, e la moglie Luciana Hatfull, fisioterapista algherese. Perché l’argomento è molto sentito e la problematica del turismo accessibile tocca tanti. Loro stessi hanno sperimentato cosa significhi pretendere di poter andare in spiaggia o in hotel come chiunque altro. «Come quella volta che andammo a Posada – racconta Alfio – dove ci avevano garantito la presenza di uno stabilimento accessibile. Invece fui caricato dai bagnini su una sedia job e fatto sfilare per tutta la spiaggia. Una cosa umiliante. Mi sono scocciato di dovermi accontentare – prosegue – e non deve accadere che sia costretto a farmi aiutare dai bagnini. A parte che è difficile e pericoloso, che non sono tenuti a farlo e hanno altri compiti importanti, non ci si rende conto che con una spesa contenuta si dà vita a un business». Proprio così: «Basta una passerella che parta dal parcheggio e arrivi a una piattaforma su cui è posizionato il lettino, altrimenti è inutile vantarsi della sua presenza; un servizio igienico attrezzato per i disabili; e una sedia job per fare il bagno. In Veneto e Romagna, dove non hanno le nostre bellezze, lo hanno capito. A Bibione puntano a incrementare del 30% il fatturato in questo modo». Perché un’indagine rivela che il disabile non è un peso ma un affare, se proprio la vogliamo mettere sul piano economico e non della civiltà: «Il 70% dei disabili europei ha una capacità di spesa di buon livello – dicono Alfio e Luciana – soggiornano e spendono il doppio degli altri, anche perché tendono a non spostarsi, e sono accompagnati da una o più persone». E sono tanti, perché ai 46 milioni di persone con una forma di disabilità occorre aggiungere 81 milioni di over 65, che hanno esigenze particolari. Ma le hanno anche obesi, famiglie con bambini in carrozzella, autistici. «Non vogliamo spiagge per disabili, non devono esserci ghetti, ma chiunque deve poter accedere a ogni stabilimento – dice la coppia». In questa situazione ci mettono del loro i siti che propongono elenchi di spiagge attrezzate davvero improbabili, con siti come Li Cossi (Costa Paradiso) o Cala Goloritzè in Ogliastra, raggiungibili con una certa fatica anche dai normodotati. «Qualche amministratore ci ha scritto protestando per il danno di immagine che avremmo procurato – racconta Luciana –. Noi vogliamo solo che vengano rispettati i diritti sanciti per legge. Spesso sono burocrazia e mancanza di buon senso a rovinare i buoni propositi dei gestori: ad esempio quando il Comune non pulisce le passerelle pubbliche. E sono pochissime le località all’avanguardia nell’isola. Così pensiamo di costituire un’associazione e ad attribuire un vero marchio di qualità agli stabilimenti e alle spiagge. Non vogliamo più sentire la solita risposta “Abbiamo una passerella”. Sì, e poi? “Magari vi aiutiamo”. Per non parlare degli alberghi: ci ha scritto una donna che per tre giorni è rimasta in una stanza d’hotel a Orosei perché era impossibile spostarsi. A noi è successo a Buggerru”. (a.palm)

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