La Nuova Sardegna

«Ora idee e professionalità»

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La storica dell’arte Altea: sinergia tra i futuri musei regionali

02 ottobre 2020
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SASSARI. Giuliana Altea, docente universitaria, storica dell’Arte, presidente della Fondazione Nivola, ha contribuito alla nascita del piano di sviluppo e razionalizzazione dei musei sardi, come consulente dell’allora assessora Elisabetta Pilia.

L’accordo sulla gestione dei due musei dell’Artigianato e del Novecento arriva dopo 15 anni. Quali sono le priorità perché il Comune possa davvero restituire alla città un patrimonio artistico di grande valore?
«Abbiamo gli edifici – due edifici di pregio nel centro cittadino, il Padiglione Tavolara e l’ex convento del Carmelo; abbiamo le collezioni: da una parte la collezione storica dell’Isola, un patrimonio straordinario di tessuti e oggetti realizzati negli anni d’oro dell’artigianato sardo, oggi in deposito in condizioni che ne mettono a rischio la conservazione; dall’altra la collezione Biasi, 300 opere del maggior pittore sardo del 900, più altre collezioni minori, ma significative per la storia artistica della regione, tutte non esposte. Ora i passi urgenti sono la predisposizione di un progetto museale da parte di professionisti qualificati, il restauro degli edifici, lo studio dell’allestimento e l’individuazione di un direttore con i requisiti necessari. Progetto museale e direttore sono la chiave di tutto, perché senza una chiara visione dei problemi e senza competenze specifiche non si va da nessuna parte. Tutto questo dando per scontato che ci siano risorse adeguate per la gestione perché, non illudiamoci, nessun museo, nemmeno i più grandi e importanti, può vivere della sola bigliettazione».

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Come mai Sassari è rimasta così indietro?
«È una lunga storia di ritardi, di false partenze, di inciampi e di soste. Nel 1999 si inaugurava nell’ex saponificio Masedu quello che avrebbe dovuto essere il museo d’arte contemporanea di Sassari, e che è oggi uno scatolone vuoto affidato all’Accademia di Belle Arti, un’istituzione chiaramente non idonea a gestire un museo. La collezione Biasi è stata aperta al pubblico due volte, nel 2004 e nel 2008, per essere chiusa subito dopo. Il Padiglione Tavolara è stato “inaugurato” anche quello un paio di volte. In altre parole, si è data più importanza alle strutture che ai progetti, alle idee e alle professionalità. Col risultato che Sassari, priva di luoghi della cultura attivi e funzionanti, è diventata una città culturalmente disgregata».

Eppure avevamo un primato nell’isola sulle arti figurative...
«Sì, per tutto il 900 Sassari è stata il maggior centro artistico della regione, dove risiedevano tutti gli artisti principali, da Biasi a Tavolara, da Figari a Mauro Manca; è stata sede della prima scuola d’arte della Sardegna, l’Istituto d’Arte fondato nel 1935, e poi dell’Accademia di Belle Arti; negli anni 50 e 60 si tenevano le mostre dell’Isola che richiamavano un pubblico internazionale. Oggi le cose sono diverse».

Come potranno sviluppare cultura i due musei?
«Lavorando in sinergia e incrociando i pubblici del design e dell’arte; valorizzando da un lato le collezioni storiche, dall’altro guardando al contemporaneo locale e internazionale, perché non ci si può chiudere nel proprio orticello né limitarsi a vivere sulle spalle del passato; funzionando non solo come contenitori di belle opere ma come centri propulsori di cultura per tutta la comunità, luoghi di inclusione sociale, punti di riferimento per le scuole, l’Università, l’Accademia. E anche come realtà capaci di rivitalizzare il tessuto produttivo. Ricordiamoci, infatti, che se è vero che i musei favoriscono la creatività e l’innovazione artistica, un ambiente culturalmente vivace è la premessa dell’innovazione anche in campo economico». (p.f.)

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