La Nuova Sardegna

Il ministro della Sanità ai medici: grazie per quanto fate

di Umberto Aime
Il ministro della Sanità ai medici: grazie per quanto fate

Roberto Speranza: «La sfida contro il Covid è ancora lunga. Sei mesi fa nessuno sapeva come si affronta una pandemia, oggi invece sì»

08 ottobre 2020
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INVIATO A VILLASIMIUS. C’è una sedia vuota sul palco del congresso dei medici di famiglia. «È in memoria dei nostri eroi, di chi fra noi è morto sul campo». Sono state le prime parole di Silvestro Scotti, il loro segretario nazionale. Roberto Speranza, il ministro della salute, è appena arrivato. Con il giubbotto ancora sulle spalle, partecipa subito, convinto, al tributo di applausi, scattato spontaneo verso quel monumento alla «guerra che abbiamo combattuto e continuiamo a combattere contro il Covid». Poi ha ascoltato in silenzio l’appassionato intervento, più volte interrotto dalla commozione, di chi parla a nome dei medici. Quando è toccato a lui, ha scelto quest’avvio emozionante: «Grazie, grazie, grazie – ripetuto tre volte – a tutti voi per quello che avete fatto ieri, fate oggi e continuerete a fare per salvare l’Italia e gli italiani dalla pandemia». L’applauso è lungo, a scena aperta. Roberto Speranza, però, ha guardato oltre e detto tutto d’un fiato: «Auguriamoci di non aver più bisogno dell’eroismo che voi, insieme a tutto il personale della sanità, avete dimostrato in questi mesi molto difficili. Vorrebbe dire esserci messi alle spalle l’emergenza. Purtroppo, invece, sappiamo che la sfida sarà ancora lunga. Con una differenza, però, prima nessuno aveva in tasca il manuale su come si affronta una pandemia. Ora sappiamo invece come dobbiamo contrastarla. Dopo tanti sacrifici e molto dolore, abbiamo compiuto un grande passo avanti in attesa della soluzione finale: il vaccino».

La vera frontiera. Senza alimentare lo scontro con le Regioni, ancora meno con l’assessore alla sanità Mario Nieddu, seduto in prima fila, perché «in questa corsa ad ostacoli, non dobbiamo dividerci», Speranza è stato chiaro su quale sarà la strategia nazionale da qui a dicembre. «Aggredire il virus nei territori. Dobbiamo evitare che la nuova ondata pesi sugli ospedali ancora una volta». Per questo – le sue parole – «contiamo molto sui medici di base». È questa la vera frontiera, Comune dopo Comune, «è lì che dobbiamo impegnarci al massimo, perché i cittadini hanno fiducia in voi e siete voi il primo, autorevole, caposaldo dello Stato. Avete fatto fino in fondo il vostro dovere e noi vi chiediamo di convincere gli italiani che oggi non devono abbassare la guardia».

Oltre l’emergenza. «Non lasciateci soli. Non possiamo combattere a mani nude», è stato l’appello partito dalla platea. «Dall’epidemia – la risposta del ministro – abbiamo imparato che il sistema sanitario ha due pilastri e nessuno dei due deve sgretolarsi. Uno è quello ospedaliero, che ha dimostrato di essere un’eccellenza nella fase più acuta. L’altro è la medicina territoriale. In questi mesi, l’abbiamo rafforzata e continueremo a farlo, distribuendo le migliori attrezzature possibili in ogni ambulatorio. Questo perché non siamo ancora fuori pericolo e quindi la prima linea va irrobustita, ribadendo che la salute è una questione essenziale, vitale, per il nostro futuro».

Soldi e riforme. È finita la stagione delle tabelle che contano più dei diritti dei cittadini. «Le riforme sono inutili – parola di ministro – se a monte non abbiamo una grossa provvista di investimenti. A me non interessa da dove arriveranno i miliardi, dal Recovery fund o dal Mes. L’importante è che arrivino e siano spesi in fretta».

L’affondo. Non è un ministro in cerca di contrapposizioni, però, all’improvviso, due frasi pepate le ha dette: «Sbaglia chi predica meno sicurezza sanitaria per far riviaggiare l’Italia più in fretta. È una cavolata». L’altra: «Ci accusano di aver imposto troppe regole. È l’esatto contrario, abbiamo invece contribuito a risvegliare il senso di comunità e responsabilità». Per poi sostenere, seppure di nascosto, le conclusioni del segretario dei medici di famiglia. «Vedo in giro – ha detto Coppi – troppi strampalati commissari tecnici, come accade da sempre nel calcio. Spero che in futuro mai a nessuno di loro sia affidata neanche l’ultima delle squadrette». Il ministro non lo dirà, ma la sua mimica finirà per essere fin troppo evidente: «Non siamo pazzi. Non accadrà».
 

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