La Nuova Sardegna

L'assessore Quirico Sanna: «Il Piano casa aiuterà l’isola più sviluppo e occupazione»

di Alessandro Pirina
L'assessore Quirico Sanna: «Il Piano casa aiuterà l’isola più sviluppo e occupazione»

«Sono per il rispetto del paesaggio, ma no alla Sardegna museo»

01 dicembre 2020
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SASSARI. Quirico Sanna non arretra di un millimetro. Quando parla del suo Piano casa continua a fare riferimento a sviluppo armonico e identità. Nel suo vocabolario non sembra trovare spazio la parola cemento. Tanto che le critiche piovute addosso alla giunta in questi giorni non sembrano scalfirlo. Neanche quelle dello scrittore Marcello Fois, che dalle colonne della Nuova, anche alla luce dei fatti drammatici di Bitti, ha invitato l’assessore a fermare il Piano casa.

Assessore, Fois si rivolge a lei: possibile che la soluzione ai problemi dell’isola sia sempre il cemento?
«Partiamo da un presupposto. Nel Piano casa c’è un concetto chiave: il non consumo del territorio. L’obiettivo è riqualificare l’esistente, migliorarlo. Ma non pensate che sia l’occasione per correggere cose abominevoli fatte in anni precedenti? Costruzioni brutte che possono essere ricostruite in modo rispettoso dell’ambiente, sfruttando l’utilizzo di materiali autoctoni quali marmo, granito, legno, sughero. Tutte cose che delineano l’indirizzo del Piano casa: sviluppo armonico e identità riportati in architettura e urbanistica».

Per Fois la Sardegna ritorna indietro a «quando cementificare pareva l’unico modo per generare lavoro».
«Certamente il Piano casa è una navicella che serve a ridare fiato a quel settore economico che crea posti di lavoro reali e non fittizi. Geometri, architetti, ingegneri avranno la possibilità di ritornare a lavorare. Non possiamo rimanere sordi a un mondo che chiede aiuto, a migliaia di professionisti che oggi purtroppo sono i nuovi poveri. Ma non sarà un assalto alla diligenza, ci saranno i controlli, gli uffici tutela. Non sarà un far west».

Ma nel frattempo cade il vincolo dei 300 metri. Sia per gli alberghi che per le case.
«Ma quello è lo stesso articolo 39 della legge del centrosinistra. L’abbiamo lasciato tale e quale. Nessuno prevede hotel nei 300 metri. Piaccia o non piaccia la fascia dei 300 metri è vincolata. Potranno apportarsi modifiche solo alle costruzioni ante 1989. Ripeto: io sono per il rispetto dell’ambiente ma non possiamo nemmeno avere una visione museale della Sardegna. Dobbiamo ponderare le due cose: rispetto del paesaggio e sviluppo armonico. Da Posada a Santa Teresa ci sono decine di strutture alberghiere concepite negli anni ’60 e oggi fuori mercato. Bisogna difendere il sistema economico».

Lei parla solo di alberghi?
«Di seconde case non ce ne facciamo nulla, dobbiamo riqualificare il residenziale ed evitare il consumo di nuovo territorio. Un discorso che vale anche per i centri storici. Vorrei capire dove ci sarebbe tutta questa cementificazione. Oggi servono risposte immediate, la gente deve mangiare. È dall’impero romano che la costruzione è il volano per l’economia. Che può essere speculativo o di valorizzazione. Noi siamo per il secondo. Noi pensiamo che sia l’occasione per correggere obbrobri come Terrata 2 e la Marmorata».

Per Fois lei, sardista, sarà il primo dopo vent’anni a dare il liberi tutti cementizio.
«Prima di essere sardista io sono sardo. Non permetto a nessuno di ferire la nostra terra. Ma non può rimanere la terra della disperazione. Il mio faro è Antonio Simon Mossa, che non è ricordato di certo come cementificatore o speculatore. Mi rifaccio a lui e sto cercando di coniugare rispetto dell’ambiente e sviluppo. L’uno non esclude l’altro».

Intanto, però, ancora una volta la Sardegna è stata teatro di una tragica alluvione.
«Oggi stanno venendo a galla gli errori degli anni ’60 e ’70. Decisioni scellerate che hanno permesso di costruire sugli alvei dei fiumi. E la natura oggi ci presenta il conto come a Bitti. Il sindaco avrà bisogno dell’apporto delle istituzioni, perché dovrà prendere decisioni delicate e anche impopolari».

A Olbia, però, sette anni dopo l’alluvione, e nonostante un Piano approvato e finanziato, è ancora tutto bloccato.
«Oggi (ieri, ndr) ero a Bitti e parlavo con il sindaco Ciccolini e mi diceva che la condizione posta è che l’acqua in paese non debba entrare. A Olbia non mi interessa che il Piano si chiami Mancini o Sanna. Mi preme che sia messa in sicurezza e la gente non sia più costretta a non chiudere occhio per la paura».

Ma c’è un Piano approvato che rischia di perdere i fondi.
«Ci sono criticità che vanno corrette, ma è una fandonia che si rischi di perdere le risorse. I finanziamenti non sono per il Piano Mancini ma per la messa in sicurezza di Olbia. Questo va fatto subito, purtroppo si è perso troppo tempo in studi vari».

Concorda con Solinas sulla burocrazia come una calamità naturale?
«Ha detto una grande verità. Stiamo cercando di aggirarla con l’apertura di sportelli e uffici, informatizzazione. La burocrazia è il vero nemico dello sviluppo. Ma questo non vuole dire che con il Piano casa cancelleremo controlli e tutele. Anzi. Per le costruzioni nell’agro non è che uno si alza ed edifica. Riporteremo anche lì il modello identitario. La gente deve percepire anche dalle costruzioni dove si trova. Siamo gli eredi di una cultura millenaria e dobbiamo valorizzarlo».

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