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«Ho lasciato Air Italy quando ha spento i nostri sorrisi»

di Alessandro Pirina
«Ho lasciato Air Italy quando ha spento i nostri sorrisi»

Anna Ragnedda, per 16 anni addetta alle risorse umane nell’ex Meridiana: «Prima consegnavo stipendi, poi lettere di licenziamento: situazione invivibile»

24 febbraio 2021
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OLBIA. Tre, forse anche quattro generazioni hanno coltivato il sogno del posto fisso in Alisarda, o Meridiana a seconda della carta d’identità, un po’ meno in Air Italy, perché a quel punto la compagnia dell’Aga Khan aveva perso lo smalto iniziale. E per tanti di loro quel sogno è diventato realtà. Per cinquant’anni la compagnia aerea è stata la Fiat di Olbia. Figurarsi cosa ha rappresentato per la città il suo crollo, il suo arrivederci e grazie a 1500 dipendenti, senza contare quelli sacrificati nel nome di un rilancio rimasto soltanto su accordi mai rispettati. Anna Ragnedda è una dei tanti orfani di Meridiana-Air Italy. Una delle tante dipendenti che intorno ai quarant’anni ha dovuto ricominciare daccapo perché il sogno di una vita si era trasformato in incubo. «Io sono entrata in Meridiana appena mi sono laureata – racconta –. Ho presentato la candidatura per il call center perché volevo mettere da parte qualche soldino. Doveva essere una toccata e fuga, ma mi sono innamorata di quest’azienda e dalla stabilità che ti garantiva. Anche quando eri precario non passavano più di due mesi per essere riconfermato. La possibilità di crescita non era una chimera ma era tangibile. Io sono entrata come operatrice del call center e nel giro di poco tempo mi sono ritrovata a fare parte dello staff, mi occupavo di risorse umane. Ero alla direzione del personale. Che era quello che ho sempre voluto fare, fin da quando scelsi il corso di laurea in Scienze della educazione».

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Quando uno pensa a una compagnia aerea immagina solo piloti, hostess, steward. Anna invece lavorava negli uffici e si occupava, in qualche modo, del loro destino. «Ma quando un’azienda entra in crisi i primi rubinetti che chiude sono proprio quelli del personale. Le risorse umane diventano quasi disumane. Quando c’è stata la fusione tra Meridiana ed Eurofly qualcosa ha iniziato a scricchiolare. Prima mi occupavo di assunzioni, poi di cassa integrazione, mobilità, burocrazia. Le persone erano diventate solo lettere su cui scrivere nomi. Una situazione terribile. Ho ricordi di lettere di licenziamento inviate a persone con cui il giorno prima prendevamo il caffè e il giorno dopo venivano a bussare alla nostra porta. E noi, purtroppo, in questo difficile ruolo eravamo soli. I capi stavano tutti a Milano». Quella azienda di cui si era innamorata, insomma, non era più la stessa. «Quando mi sono trovata a svolgere quel ruolo non mi ci sono più riconosciuta. Tutto quello per cui avevo studiato non aveva più senso. Non ho mai guardato alla mia personale perdita del lavoro, ma alla mia passione. A Meridiana devo tantissimo per la mia crescita umana e professionale, ma non era più la mia azienda e questo mi ha fatto allontanare».

Il suo addio ad Air Italy, infatti, ha preceduto di qualche mese l’addio che l’azienda ha dato, senza preavviso, ai dipendenti. «Nel settembre 2019 sono andata in aspettativa non retribuita per ridare anima alla mia passione – racconta –. Ma immaginavo che la compagnia non avrebbe avuto vita lunga. Per anni ho vissuto in un corridoio che pullulava di gente, di cose da fare. Negli ultimi tempi era diventato una tomba». Seppure già fuori dall’azienda, l’annuncio della proprietà di liquidare Air Italy è stato come una pugnalata. «Nonostante non fosse più la mia azienda quel giorno ho pianto. Per i miei colleghi diventati amici che dopo avere dato tanto alla causa si sono visti liquidare in quel modo. E poi perché sono sarda, cresciuta nel mito di questa compagnia. Ho ancora conservato il battesimo del volo sull’Olbia-Roma di Alisarda: avevo 5 anni».

Anna, nel frattempo, però aveva già voltato pagina. Ammette di avere passato «qualche giorno di sconforto per la paura di avere buttato 16 anni della mia vita», ma poi un nuovo incontro professionale l’ha folgorata. «Ho iniziato a lavorare per una società di consulenza sarda, la FastR, che si occupa delle risorse umane nelle piccole e medie imprese dell’isola. Subito mi sono resa conto che la mia professionalità non sarebbe andata perduta e ho deciso di metterla al servizio di questa società che - come la Meridiana di un tempo - mette al centro le persone. Perché sono le persone il cuore pulsante delle aziende. Se non si trovano bene loro l’azienda non funziona. Nelle imprese la maggior parte dei problemi derivano da una gestione non corretta del personale e questo fa tardare l’arrivo di risultati». Anna Ragnedda fa l’esempio di un cliente di cui si è occupata recentemente. «È un imprenditore che investiva sul personale, corsi di formazione, ottimo stipendio, ma dopo pochi mesi i dipendenti se ne andavano. A suo avviso, inspiegabilmente. Si è rivolto a noi per aiutarlo a risolvere il problema. Il nostro mantra è: prima di accedere al mercato esterno l’imprenditore deve capire se i suoi collaboratori si trovano nel posto sbagliato. Così noi gli abbiamo proposto il nostro modello, ovvero una mappatura dei talenti in base alla quale riassegniamo ruoli e posizioni. Ebbene, uno dei collaboratori inserito a fare archivio aveva una spiccata vena commerciale. È bastato spostarlo di settore per rilanciare un segmento dell’attività e fare felice una persona». Come lo è lei in questo momento, perché ha trovato la strada da intraprendere dopo la delusione Air Italy. Un percorso che, lei si augura, possano seguire tutti i suoi ex colleghi rimasti senza lavoro. «Intorno a me vedo tanta bellezza – dice Anna –. Persone che hanno sì preso uno schiaffone ma ora stanno elaborando il lutto, stanno riprendendo in mano le redini della loro vita. C’è chi punta sulla cucina, chi sulla formazione, chi sul turismo. I primi mesi sono stati duri, ma oggi nessuno è fermo nella palude».
 

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