La Nuova Sardegna

Purosangue morti nel garage della Aki Quattro gli indagati

di Tiziana Simula
Purosangue morti nel garage della Aki Quattro gli indagati

I cavalli venivano in Sardegna per una gara internazionale Sarebbero stati uccisi dal caldo e dalla mancanza di controlli

24 febbraio 2021
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OLBIA. Avevano preso il largo a bordo della Moby Aki in nove. I bellissimi cavalli della scuderia Clodia di Roma erano diretti all’ippodromo di Chilivani per partecipare alle gare internazionali. Ma quattro di loro, tutti di tre anni, erano stati trovati morti dalla squadra che li accompagnava, poco dopo lo sbarco nel porto di Olbia. Stroncati dall’eccessivo calore nel garage della nave. A queste conclusioni è arrivata la Procura di Tempio che ha chiuso le indagini preliminari e indagato quattro persone – tre della compagnia di navigazione – ritenute responsabili della morte dei puledri non avendo, stando alle contestazioni degli inquirenti, garantito le giuste condizioni di vivibilità dei cavalli e i necessari controlli durante la traversata. Per il procuratore Gregorio Capasso e il sostituto procuratore Ilaria Corbelli, non sarebbero state attivate le procedure imposte alla compagnia sul trasporto degli animali, che avrebbero viaggiato in condizioni critiche, senza un’adeguata areazione. Ciò avrebbe causato la loro morte, avvenuta per “ipertermia corporea prolungata”, meglio conosciuta come colpo di calore.

Indagati per abbandono di animali, il comandante della nave Moby Aki, Antonio Scotto Di Cicariello, di Napoli, il primo ufficiale di coperta, Francesco Lo Nostro, di Messina, e l’autista incaricato del trasferimento degli animali per conto di una ditta di autotrasporti ippici che aveva le funzioni di guardiano dei cavalli, Maurizio Conti, di Roma. Al primo ufficiale di coperta Lo Nostro, la Procura contesta, in concorso con l’allievo ufficiale Ernesto Prudente, anche il reato di falsità ideologica: avevano dichiarato falsamente al comandante, che lo aveva attestato sul giornale nautico, «di aver constatato all’arrivo in porto, alle 6.10 circa, prima delle operazioni di sbarco dei veicoli, che gli animali era vivi e in buona salute e che durante la traversata avevano espletato le funzioni fisiologiche».

Il caso era scoppiato il 13 luglio scorso, allo sbarco dalla nave proveniente da Civitavecchia. Il personale della scuderia che accompagnava i purosangue aveva constatato il decesso qualche minuto dopo, durante una sosta per il controllo degli animali in una piazzola. All’apertura del portellone del van più grande la macabra scoperta: quattro cavalli – Bandidu De Zamaglia, Bomodel Da Clodia, Bometeor e Botrus – giacevano sul pavimento morti e uno di loro respirava a fatica. La Moby ha sempre rigettato le accuse della scuderia. E alla luce della chiusura dell’inchiesta, ribadisce che gli animali e i van erano stati imbarcati per ultimi sul traghetto e sistemati proprio sotto gli impianti di refrigerazione della stiva, accanto ai cavalli di altre scuderie che non hanno subito alcun danno. Tutto secondo le procedure previste per l’imbarco degli animali.

Ma così non è stato, secondo la Procura. Che accusa il comandante della nave di non aver attivato le procedure imposte dalla Moby che prevede che durante la navigazione il comandante designi due membri dell’equipaggio che stiano in contatto con chi trasporta gli animali, consentendogli di fare continue ispezioni per verificare che stiano bene e per l’abbeveraggio. Anche al primo ufficiale viene contestato di non aver osservato il regolamento secondo cui si sarebbe dovuto assicurare del buono stato di salute dei cavalli e sistemarli in una zona del garage ben areata. Stando alle accuse, invece, non avrebbe garantito l’adeguata areazione nonostante un membro della scuderia lo avesse informato delle condizioni di criticità. La Procura infine contesta all’autista, a cui erano stati affidati gli animali, di essersi completamente disinteressati di loro durante la traversata, di non aver verificato se si fossero riposati e fossero stati nutriti e abbeverati, come previsto dal regolamento. I tre marittimi della Moby sono difesi dagli avvocati Giovanni Cimmino e Francesco Longhini del Foro di Napoli, mentre l’autista è difeso d’ufficio dall’avvocato Maurizio Mani del Foro di Tempio.

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