La Nuova Sardegna

L'assessore al Turismo: «Chi è in smart working lavora pochissimo»

Roberto Petretto
L'assessore al Turismo: «Chi è in smart working lavora pochissimo»

Chessa contro i dipendenti regionali. Criticato da tutti, poi si scusa

24 aprile 2021
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SASSARI. Con i bar aperti solo per il servizio di asporto, le occasioni per le chiacchiere informali sono spesso limitate ai social. Ma può capitare a chi ha ruoli istituzionali di scivolare malamente, scambiando per occasioni private persino apparizioni ufficiali in collegamento con un consiglio comunale. Così lunedì (ma il video ha cominciato a circolare solo ieri) l’assessore regionale al Turismo, Gianni Chessa, è incappato in un clamoroso ruzzolone dal quale ha tentato poi di risollevarsi con un acrobatico comunicato stampa che voleva essere riparatore. Tutto è cominciato con un intervento in videocollegamento con il consiglio comunale di Dorgali, lunedì 19. In quella occasione Chessa si è lasciato andare a dichiarazioni pesantissime: «I dipendenti pubblici stanno a casa, non possono essere controllati e lavorano pochissimo. In un anno di smart working hanno preso anche i buoni pasto e questo è immorale e poco etico». Chessa intendeva spiegare così i ritardi della Regione: «L'unico piano che in questo assessorato lavora è il quarto, dove mi trovo io con il mio staff. Gli altri sono a casa, ecco il perché dei ritardi: non c'è il personale che fa le pratiche e a pagarne lo scotto sono i cittadini che hanno bisogno dei soldi, non certo l'impiegato pubblico con la busta paga».

Il primo a sollevare la questione di opportunità dell’intervento dell’assessore è stato il suo collega di partito, il presidente nazionale del Psd’Az, Antonio Moro, con un commento su Facebook: «Il problema sarà quando controlleranno te. Contieniti e porta rispetto a chi lavora e a chi si impegna per la Sardegna dopo aver studiato, fatto sacrifici e fatto i concorsi. Ora basta».

Poi Moro rincara la dose: «È profondamente sbagliato, in un momento in cui i lavoratori vivono tutti un momento di sofferenza, dividerli tra chi fa lo smart working e chi sta in ufficio, tra privato e pubblico. Tutti viviamo una situazione di disagio. Non si può analizzare il tema dello smart riducendolo a battute degne più di un bar più che di un’istituzione. Dalla Sardegna non può arrivare una banalizzazione di questo genere perché lo smart working potrebbe essere la ricetta per smetterla di inurbare le grandi città a discapito dei paesi. Mi piacerebbe pensare che gli assessori del Psd'Az facciano dichiarazioni avendo contezza del ruolo che svolgono. E ricordandosi che rappresentano il Psd'Az, un partito che rappresenta tutti i sardi».

Moro non è stato l’unico a criticare Chessa. La presidente della commissione lavoro della Camera, Romina Mura: «Amarezza e stupore per parole che rivelano mancanza di rispetto sia verso il lavoro dei dipendenti pubblici sia verso il ruolo istituzionale ricoperto».

I sindacati Cgil e Uil, Sdirs, Sadirs e Siad hanno chiesto le dimissioni dell’assessore o, in subordine, la sua rimozione da parte del presidente Solinas: «Ricordiamo all’assessore,che se ha dei dubbi sul verificarsi di comportamenti anomali che descrive con tanta certezza, ha l’obbligo e gli strumenti per verificarne la reale sussistenza, diversamente è meglio che cambi mestiere».

Per i consiglieri regionali del Pd le dichiarazioni di Chessa denotano «un senso inesistente del proprio ruolo prima che quello altrui e pure scarsa conoscenza della situazione nella quale i dipendenti in smart working operano».

Duri anche i Progressisti: «La produttività delle dipendenti e dei dipendenti regionali non è in discussione, sono invece inesistenti le capacità, la professionalità, le competenze, lo stile, l'educazione istituzionale, la capacità di lavoro della giunta e del Presidente. Per non parlare della conoscenza e del rispetto delle leggi e delle regole».

In serata le scuse dell’assessore: «Esprimo profondo rammarico - ha scritto Chessa in una nota - e nutro il massimo rispetto per i dipendenti della Regione e, specificamente, per quelli del mio assessorato, e sono consapevole dei sacrifici e disagi ai quali si sono sottoposti soprattutto nel corso dell'ultimo anno».

Chessa ha spiegato che le sue affermazioni «erano il frutto non di un mancato riconoscimento del lavoro svolto, ma della frustrazione nel continuare a vedere che, a causa della pandemia, gli uffici sono costretti a lavorare sempre in un regime di emergenza, ciò che comporta necessariamente (ma per cause che non dipendono dall'impegno dei dipendenti) un rallentamento della macchina amministrativa». La conclusione: «Chi mi conosce sa che è nel mio carattere utilizzare spesso espressioni simboliche e colorite, per enfatizzare i miei discorsi. È venuto fuori un pensiero che non mi appartiene e pertanto ribadisco a tutti le mie scuse»

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