La Nuova Sardegna

Sardegna senza medici assistenza a rischio

Sardegna senza medici assistenza a rischio

I neo laureati sono meno di chi va in pensione e il buco negli organici si allarga Problemi per la medicina di base, ma anche per la pediatria e la specialistica

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SASSARI. Aaa cercasi medici. I camici bianchi, diventati eroi nei mesi più bui della pandemia (ma dimenticati dalla politica), sono ormai merce rarissima. Soprattutto in Sardegna dove parlare di sanità pubblica sta diventando un azzardo. Basta sfogliare le pagine di cronaca del nostro giornale per capire che l’emergenza è serissima e generalizzata. Colpisce le grandi città (a Nuoro e Oristano ci sono problemi perfino al Pronto soccorso) e i centri più piccoli. Interessa la medicina di base ma non risparmia la specialistica e la pediatria. Il grido di allarme si è ormai trasformato in un coro e le toppe messe dove è possibile non bastano a rappezzare una coperta che si fa, mese dopo mese, più corta. Le ultime stime ufficiale parlano di un vuoto negli organici di circa 1500 tra medici e infermieri. Ma il dato tende a crescere perchè l’età media del personale sanitario è elevata e le due università sarde (costrette a contingentare gli iscritti alla facoltà di medicina dall’obbligo del numero chiuso) non riescono a tenere dietro alle uscite dal mondo del lavoro. Se il trend non sarà invertito la Sardegna sarà costretta, nel giro di pochi anni, a “importare” medici o a dare un altro taglio a prestazioni e assistenza di base.

Ma è tollerabile tutto cio? E come si concilia con le promesse fatte di recente dal ministro Speranza al convegno i dei medici di base a Villasimius. «Dobbiamo riformare la sanità – ha detto il ministro – ricostruirla, avvicinarci il più possibile alla gente. Da adesso in poi, messa a tacere o quasi la grande paura, dev’essere questo il nostro principale obiettivo». Sarà. Ma il rischio, se non si fa presto, è di arrivare al capezzale del grande malato, quando non ci sarà più niente da fare. Perchè l’emergenza non aspetta e, soprattutto, non ha i tempi della politica. Guardiamola la geografia del malessere.

SASSARI. In città il pronto soccorso è perennemente sotto assedio con punte di 160 accessi giornalieri, di cui la metà diventano ricoveri che vanno a creare situazioni critiche in diversi reparti dell’ospedale. Problemi sono stati segnalati, a più riprese, in Medicina d’urgenza, nelle Medicine interne, in Geriatria e in Rianimazione. La situazione è pesante anche sul fronte dei medici di famiglia e della pediatria. Nell’hinterland è stato il sindaco di Thiesi, l’altro ieri, a lanciare l’ennesimo “sos”: «Viviamo una situazione insostenibile, che va risolta al più presto». Nel paese, ma anche a Siligo e Bessude, manca il medico di base. Stessa situazione a Bonnanaro e Borutta, dove il medico dopo solo 4 mesi dalla nomina, ha cessato l’incarico. I 9 Comuni del Goceano non hanno un pediatra: le famiglie sono obbligate a sceglierlo extraprovincia, dagli elenchi delle Assl di Nuoro o Olbia, a parecchi chilometri di distanza.

OLBIA. Sanità sull’orlo del precipizio anche in Gallura. L’emergenza anestesisti, che va avanti da tempo, ha paralizzato l’attività dei tre ospedali del territorio: al “Paolo Dettori” di Tempio, dallo scorso aprile, non si opera più. I soli interventi che vengono garantiti (due o tre volte la settimana) sono quelli ortopedici. Gli specialisti di Chirurgia, Otorinolaringoiatria e Ginecologia, invece, hanno dovuto mettere da parte il bisturi. E mentre al Paolo Merlo della Maddalena tutti i reparti sono al collasso (alcuni sono stati chiusi), al Giovanni Paolo II l’insufficienza di anestesisti (è arrivato a settembre solo il nuovo primario) ha ridotto notevolmente l’attività delle sale operatorie. Nessun intervento programmato. Ci si può occupare solo delle urgenze. E se ce ne sono due in contemporanea, si è costretti a scegliere quale paziente operare per primo. Nell’estate appena trascorsa, l’altra gravissima emergenza è stata quella legata alle guardie turistiche: in tutta la Gallura non ne è stata attivata neppure una (non sono stati trovati medici disponibili). Rallentamenti anche nell’attività ambulatoriale e attese di un anno per ottenere attraverso il Cup una visita specialistica non urgente.

NUORO. Il cuore della sanità Nuorese, l'ospedale San Francesco, è l'emblema di un sistema che sta cedendo pezzi e la cui tenuta è affidata ai pochi operatori sanitari rimasti. La voce più consistente delle carenze riguarda i medici: ma a mancare sono anche tecnici, oss, infermieri. Due giorni fa all'elenco dei reparti e dei servizi in sofferenza si è aggiunta l'endoscopia: solo tre medici al lavoro, con l'endoscopia notturna a fortissimo rischio mentre per quella digestiva gli scricchiolii si avvertivano già dal mese di febbraio. A scorrere l'elenco: il Pronto soccorso ha in servizio sette medici ai quali si aggiunge il primario facente funzioni, mentre dovrebbe averne 18, con il risultato che spesso accade che in turno siano soltanto in due; la Chirurgia ha quattro chirurghi su 14, la Radiologia schiera 15 medici e dovrebbe averne 34, mentre dei 28 tecnici radiologi ne ha in servizio soltanto 13, con il risultato che gli interventi sulle patologie tempo-dipendenti sono a rischio, così come è ridimensionata la senologia. E' un disastro generalizzato, con l'Ortopedia che da qualche giorno ha sospeso la guardia attiva in orario notturno e festivo e ha bloccato i ricoveri, con l'invito specifico dalla direzione di "centralizzare in altro ospedale i pazienti con trauma". Anestesia lavora con undici medici in meno, e anche in neurochirurgia le carenze si fanno sentire. Il quadro è fosco in tutto l'ospedale, e nella periferia non va meglio: per difendere il San Camillo di Sorgono, gli abitanti del Mandrolisai sono già scesi in piazza per protestare contro lo smantellamento dei servizi. Un capitolo a parte riguarda la mancanza dei medici di medicina generale: l'allarme è generalizzato ma con situazioni di particolare criticità ben individuate: a Oliena si stima che 4mila pazienti rischino di restare senza assistenza, dopo che uno dei professionisti ha gettato la spugna e a Macomer, dopo il pensionamento di tre medici, i 5 rimasti sono stati autorizzati a elevare a 1800 da 1500 il numero degli assistiti, per un periodo di sei mesi. Ma non basterà.

ORISTANO. La crisi della sanità oristanese è facile da descrivere. Escluso l’impegno degli operatori che cercano ogni giorno di raddrizzare la nave, non c’è un solo settore che non sia in forte sofferenze. Mancano medici in tutti i reparti del San Martino, alcuni dei quali sono così costretti a ridurre e di molto la loro attività. Mancano medici di medicina generale e pediatri, con tante sedi scoperte. I servizi di medicina territoriale sono ridotti al minimo. Gli ospedali periferici, pur pesantemente colpiti dall’emergenza covid, sono al limite della loro attività. A fronte di questo disastro l’unica decisione degna di nota che è stata assunta dall’Ats e dalla Assl è stata quella di inviare società esterne, nello specifico una veneta, a svolgere il servizio di medicina d’urgenza, con le figure dei “medici in affitto” nei pronto soccorso di Ghilarza e Oristano, a costi elevati per le casse regionali e dal ritorno operativo tutto ancora da valutare. Questi medici infatti per contratto intervengono solo sui casi meno gravi, come i codici bianchi o verdi, ma consentono di tenere aperti i pronto soccorso. Se a Ghilarza operano solo questi medici, al San Martino, dopo una contestata “chiamata alle armi” da parte della direzione sanitaria ai medici degli altri reparti, sono presenti sia medici strutturati che “in affitto”, per un mix che sinora non ha portato alcun miglioramento nei servizi.

OGLIASTRA. Il paradosso ha una data: il 24 ottobre, giorno in cui uno degli specialisti dell’unità operativa di pediatria dell’ospedale di Lanusei convolerà a giuste nozze e si prenderà il congedo matrimoniale, si avvicina. Se a quella data la direzione del presidio non dovesse riuscire a trovare un sostituto il reparto è destinato alla chiusura, così come è capitato esattamente un mese fa quando assieme al punto nascita rimase chiuso per tre giorni. Questa è solo una delle tante criticità che affliggono il Nostra signora della Mercede di Lanusei dove, all’appello, mancano una trentina di medici, suddivisi tra vari reparti. A soffrire particolarmente la carenza di personale sono il pronto soccorso, la cardiologia, il centro trasfusionale, la radiologia e l’ortopedia che continua a funzionare solo h12. La mancanza di medici, tuttavia, non riguarda soltanto i servizi ospedalieri ma anche quelli territoriali, in particolare l’assistenza primaria. Emblematico, il caso di Ussassai, paesino di poche centinaia di anime distante un’ora di strada (accidentata) dall’ospedale di Lanusei. Qui il medico di base titolare manca dal 2018 e i pazienti, in gran parte anziani, devono fare affidamento sulla buona volontà di un professionista che arriva da Lanusei una, due volte la settimana. La situazione non cambia per le guardie mediche: gli 11 punti guardia del territorio ogliastrino necessiterebbero di 44 medici. In realtà i titolari sono 10 e quindi per assicurare un servizio ottimale ne mancano ben 34. Arriveranno mai?

(Antonio Ledà)

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