La Nuova Sardegna

l’analisi dell’esperto: giuliano marongiu 

«Il Covid ci ha bloccato Ma c’è l’amore dei giovani»

«Il Covid ci ha bloccato Ma c’è l’amore dei giovani»

SASSARI. Il volto e la voce di Giuliano Marongiu sono ben noti a quanti seguono la cultura tradizionale sarda. Presentatore, conduttore televisivo, ma soprattutto appassionato e competente studioso...

26 ottobre 2021
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SASSARI. Il volto e la voce di Giuliano Marongiu sono ben noti a quanti seguono la cultura tradizionale sarda. Presentatore, conduttore televisivo, ma soprattutto appassionato e competente studioso della cultura popolare dell’isola, Marongiu in tanti anni trascorsi sui palchi di tutta l’isola o davanti alle telecamere in uno studio tv ha visto cambiare e crescere questo mondo: «Difficile fare un censimento sulle realtà effettivamente operanti in Sardegna - dice -. Una cosa è certa: la pandemia ha posto un freno. Le associazioni hanno dovuto fermare eventi e prove. Ma proprio in queste ore si sta ripartendo. Busachi, Sinnai, Usini, Gavoi hanno ripreso l'attività. Certo, per ora parliamo di decine di associazioni a fronte delle centinaia che operano in Sardegna. In ciascuno dei 377 Comuni sardi c’è almeno una realtà che rappresenta le nostre tradizione, attraverso cori, gruppi, ricerche sulle maschere etniche, che hanno portato a ricostruire l’abbigliamento delle maschere tradizionali. C’è una proliferazione di musicisti, una forte ripresa dello studio delle launeddas. Ci sono i capiscuola come Peppino Bande di Sarule e Orlando Mascia di Maracalagonis. Ma anche organetto e fisarmonica hanno trovato nuova linfa».

Un universo composito, una galassia tumultuosa: «Abbiamo la forza di avere tante realtà - aggiunge Marongiu -. Se poi spaziamo oltre l’abbigliamento tradizionale e il suono possiamo arrivare al gusto, con dolci e pane. Con tante peculiarità, come la ricchezza della lingua, dei passi della danza».

La tradizione incontra la contaminazione: un arricchimento o un rischio? «Solitamente viene fuori una mescolanza di armonie, ma si rimane molto fedeli alla struttura armonica del percorso musicale, senza mai tradire la tradizione. La proliferazione di gruppi e iniziative a volte si scontra con la fedeltà a un racconto che abbiamo ereditato ma che deve fare i conti con chi esegue e con la sua sensibilità artistica. Certo, altro discorso è stravolgere tutto, ma il pubblico è selettivo e attento. Va bene un approccio generalizzato alla tradizione, ma nel rispetto dovuto».

Come è cambiata la piazza in questi anni? «Bisogna ovviamente escludere il periodo Covid. Il pubblico non ama più essere spettatore ma vuole essere parte attiva, vuole ballare, vuole essere coinvolto nel canto. Funzionano gli spettacoli dell'intrattenimento».

I giovani hanno un ruolo importante: «Senza tentennamenti dico che il ricambio c’è. Prima era localizzato nelle aree più interne, ora è sempre più omogeneo, al nord come al sud. I giovani ci sono tra chi propone e chi usufruisce».

C’è il rischio che queste tradizioni vadano perdute? «Abbiamo rischiato col Covid - dice Giuliano Marongiu -. Due anni fa avrei dato una risposta più netta. Ma nelle ultime settimane c'è stata un’incoraggiante ripresa. Si tornerà appena le condizioni lo consentiranno. La tradizione non si spegnerà». (r.pe.)

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