La Nuova Sardegna

La Marinella cambia maglia

di Mario Frongia
La Marinella cambia maglia

Quartu, tutto nuovo il ristorante frequentato per decenni dalle stelle del calcio Il rammarico per la collezione di divise dei campioni: «Sparita durante i lavori»

04 febbraio 2022
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Nel lembo in alto a destra della propria maglia Francesco Totti ha scritto: «Al miglior risotto ai frutti di mare!». La 10 del capitano giallorosso era appesa nella parete delle star di un salone immenso. Lo scenario? Vetrate vista mare, sabbia candida, tavoli bianco calce e sedie azzurre. La sala principale di un ristorante che dagli anni Settanta è stato una chiesa laica per gourmet e malati di pallone.

Poco distanti da quella dell’ex romanista, brillavano anche quelle di Ronaldo il Fenomeno, Roby Baggio, Carlo Ancelotti, Bruno Giordano, Franco Baresi, Ciccio Esposito, Roberto Muzzi, Bobo Vieri. A un passo le reliquie di casa nostra: la 11 di Gigi Riva e la 1 di Enrico Albertosi. Sull’altro lato le mitiche “camisete” di Diego Armando Maradona ed Enzo Francescoli. Gianfranco Zola? Aveva dato allo chef quella del Parma dopo un 4-0 rifilato al Cagliari.

Mohamed Serour (nella foto) snocciola ricordi. Sorride. Ma è malinconico. Sì, perché questa del ristorante-museo del calcio La Marinella è una storia sofferta che si narra al contrario.

Le circa cento maglie esposte nel locale che bacia il Poetto sono scomparse. E non si sa dove siano.

Mohammed spiega: «Dovevo ristrutturare lo stabile. Un conoscente mi ha proposto di venderle. Il cantiere era aperto, c’era fretta, gliele ho date. Non l’ho mai più visto. Dispiaciuto? No, deluso. Ma non guardo indietro, la vita è anche questa».

Insomma, i cimeli della Marinella, ammirati prima di affrontare sontuose impepate di cozze, fiorentine alte così, grigliate di gamberoni e orate, non ci sono più. Il locale,

oltre 250 coperti, 140 dipendenti d’estate, la metà nel resto dell’anno, aperto dalle 5 del mattino alle 2 di notte, ha riaperto da due mesi. La ristrutturazione è stata totale. Esterni e interni, arredi, terrazze e pedane, gazebo, divani e poltrone color sabbia, tende in tinta, prati erbosi, cristalli e legni. Il via vai dei camerieri in nero e papillon è da formicaio.

Il restyling, pur con ritmi e dimensioni umane, è stato un cambiar pelle. E un pezzo di storia. La tana

del pallone, locale e in trasferta, piace sempre. Le cene con Antognoni e Ciccio Graziani, con i big dello scudetto rossoblù, le linguine all’astice per Carletto Mazzone e Carmine Longo sono in archivio. Ma buona cucina, riservatezza e qualità sono ancora un mix prezioso. Annate sportive, e non solo, che sanno di fatica, rabbia, polvere e personaggi.

I cronisti locali, conoscendone la parsimonia, ricordano il pranzo offerto da Giampiero Ventura all’arrivo al Cagliari. Tempi andati.

Un calcio che non c’è più. Con quelle maglie che svelavano ambizioni, sconfitte e successi.

Game over. Adesso, il ristorante ha preso il volo. È più elegante e maturo. Con un dna lievitato nel tempo. «Serietà e lavoro pagano. È stata dura, facciamo tanti sacrifici.

La Marinella – rimarca Mohamed Serour – era e rimane la casa della buona cucina». Bar, tabacchi, caffetteria, pizzeria e gelateria. Le hit internazionali per sottofondo. Anche senza le maglie di Chinaglia e Di Bartolomei, l’atmosfera conquista. «Soddisfatto? Sì. Con la mia squadra, e grazie a sette ragazze con vari ruoli di responsabilità, vogliamo

far crescere l’azienda». Mohamed

viene chiamato dal maitre: «L’accoglienza? Parlare con un amico e gustarci pecorino di Fonni e moddizzosu di Cagliari».

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