La Nuova Sardegna

Donne chef «L’alta cucina siamo noi»

di Mario Frongia
Donne chef «L’alta cucina siamo noi»

Mobilitate contro la “dittatura  maschile” nel settore. In Italia 334  stelle Michelin su 378 sono uomini «Chi ce la fa è vista come un’eroina»

11 febbraio 2022
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Angeli del focolare, arrosti nobili, bollito con poca identità. Battute e detti, dalla scialba Tentazione delle bietole al Mangia come parli. Luoghi comuni, una cultura da capovolgere. Lo chef e la cuoca, cucina d'alto livello al maschile, forse più calda e generosa ma meno reclamizzata al femminile. Tra stereotipi e pregiudizi. Ipocrisia e linguaggi cristallizzati e penalizzanti. Con le donne che soccombono. «Ma che genere di cucina», il corso di Giulia giornaliste, Università di Cagliari e Ordine dei giornalisti Sardegna, ha colto nel segno. Sulla griglia linguaggio, parole e titoli giornalistici poco corretti. «La cucina? Dittatura al maschile, creata dalle donne ma con gli uomini a prendersene i meriti. Se una è brava fervono i luoghi comuni. Negli Usa, il 7 per cento di proprietari di ristoranti e chef è donna. E in Italia su 378 stelle Michelin solo 44 sono donne. I problemi? Molestie, meno forza nell'avere risorse dalle banche, famiglia e carriera» dice Roberta Celot, caposervizio Ansa. Nel 2019 l'enogastronomia è per il 52 per cento al femminile. Ma in poche giungono ai vertici. «Manca un welfare che ci permetta di dedicare le stesse energie degli uomini» dice Susi Ronchi, fondatrice di Giulia giornaliste. In breve, un mondo al maschile che le donne faticano a infrangere. Dalle interviste a sommelier, ristoratori e chef, curate da Maria Grazia Marilotti, segnali in chiaroscuro. Da Lucia Pintore, Roberto Paddeu, Francesco Zucca, Nicolò Vellino, Ilaria Rimessi, Leonardo Marongiu, Maria Laura Casula, Marina Ravarotto, Laura Sechi, Fabrizio Abis, Walter Vivarelli, Luigi Pomata («In Sardegna Rita Denza a Olbia e la signora Palimodde a Su Gologone hanno scritto la storia. Da me a Carloforte, lo chef è donna») e Andrea Caboni, testimonianze con lenti passi avanti e vecchie barriere. Sbalestrate abitudini gergali, come «La donna fa da mangiare, l'uomo cucina», che sopravvivono. Eppure, gli chef declamano forza, cura dei dettagli e talento delle donne. Ma i numeri dicono altro. «Nel mondo del vino - spiega Roberta Porceddu, presidente Vino Sardegna - su 73.700 aziende solo il 26 per cento sono guidate da donne». Ma chi diventa mamma lascia il posto di lavoro. E fioccano le denunce per intimidazioni e abusi. Il tema è caldo. Con auspici e saluti di Francesco Birocchi, presidente dei giornalisti sardi, Francesco Mola, Elisabetta Gola ed Ester Cois («La segregazione in cucina è nitida, vincono gli uomini!»), rettore, prorettrice alla Comunicazione e delegata alla Politiche di genere dell'ateneo, il coltello va nella piaga: per cambiare pensiero, scrittura e racconto serve una mezza rivoluzione culturale. Le donne sono spesso ai margini, un passo indietro. Se va bene, alla pari. Ma con fatiche doppie. «Chi ce la fa viene citata come super eroina» dice l'antropologa Alessandra Guigoni. Sul linguaggio, nell'era di Masterchef e Hell’s Kitchen, poche storie: va mutato. «Sul gender gap serve rigore e una sterzata alla narrazione a trazione maschile» dice Susi Ronchi. Al primo corso in Italia sulla cucina di genere, applausi anche per esperti, Gianni Lovicu (Agris), Daniela Pinna (Consorzio Vermentino Gallura), Mariano Murru (cantine Argiolas), Alessandra Addari, Anna Brotzu e Simonetta Selloni (giornaliste) e imprenditrici, Daniela Ducato (Edizero) e Viviana Sirigu (fondatrice di Kentos, filiera del grano Cappelli ad Orroli). Entrambe citate nel libro di Alesssandro Gassman “Io e i green heroes”. Comune il dna: per raccontare con equilibrio e rispetto c'è da fare. Ed è meglio giocare da squadra. Si chiude con il poeta Gavino Angius: «L'ultima trincea per sfamarsi è il Mazzamurru: pane e sugo. L'avanzo degli avanzi».

Nella foto di Mario Rosas, da sinistra: . Alessandra Guigoni, Viviana Sirigu, . Mariano Murru, Roberta Porceddu. e Marina Ravarotto.
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