In mare per amore di Amelia: «Lei è sempre accanto a me»
di Luigi Soriga
Corrado Sorrentino farà il periplo dell’isola a nuoto: 700 chilometri in due mesi La sua bimba è scomparsa nel 2018, da allora lui raccoglie fondi per gli ospedali
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SASSARI. Il mare, a pensarci bene, non è altro che un cielo capovolto. Amelia potrebbe essere sopra le nuvole, come tutti amano credere, ma potrebbe essere anche nei fondali liquidi, ad aspettarlo curiosa, come un piccolo pesce. Dovunque lei sia, Corrado Sorrentino in questo suo viaggio la incontrerà e nuoteranno insieme. «Perché anche se è tre anni e mezzo che mia figlia non c’è più, per me continuerà sempre a vivere. E questa avventura la porteremo a termine in due, io e lei accanto».
Settecento chilometri, bracciata dopo bracciata, in solitaria (o quasi...) a 48 anni: 12 chilometri ogni giorno per due mesi, primo tuffo l’1 luglio a Marina Piccola (Cagliari), nella stessa acqua dove Amelia aveva fatto il primo bagno, fino a completare il periplo della Sardegna. Un’impresa epica anche per un tre volte ex campione assoluto di nuoto, ma soprattutto la traversata spirituale di un uomo e di un padre nella burrasca dei suoi ricordi, alla ricerca del senso della vita ma anche della morte.
Aveva sette anni, il 16 novembre del 2018, quando il suo cuore cessò di battere nell’ospedale Brotzu di Cagliari. «Sei giorni prima, dopo l’allenamento in piscina, si era sentita male. Aveva accusato un forte mal di pancia, e i dolori non le erano passati nemmeno a casa. Ma prima era andata al compleanno di un’amichetta, e si sa che i bambini si imbottiscono di schifezze. Così abbiamo sottovalutato, fino a che alle 2,30 di notte era svenuta per il dolore». Un volvolo intestinale, una grave malformazione congenita difficile da diagnosticare e che non aveva mai dato segnali. «I medici del 118, quelli del pronto soccorso e anche in Pediatria hanno pensato a un esordio di diabete. Quando si sono accorti della reale patologia, l’intestino era già in necrosi. Ce l’hanno messa tutta per salvarle la vita, ma evidentemente doveva andare così, era già tutto scritto». Corrado non sa se chiamarlo destino. Lo vede di più come lo scadere di un contratto di affitto in un corpo: lasciare un involucro, per rivivere altrove. «Ci sono alcuni segnali che mi fanno pensare a qualcosa di speciale. La stanza di Amelia in Pediatria era la numero 5, in Rianimazione ancora la 5, ha lottato per 5 giorni, ha avuto 5 arresti cardiaci, il 5 gennaio è Santa Amelia, io mi sono sposato il 5 aprile, e potrei andare avanti. Questo numero ricorre sempre nella nostra esistenza. Io non sono credente. Però credo in Amelia, lei è il mio Dio. Ci parlo in continuazione, ogni giorno, e le risposte mi arrivano sotto forma di sensazioni, di percezioni». In cambio lui la fa rivivere da protagonista in tutte le iniziative benefiche organizzate negli ultimi 3 anni con l’associazione “Amelia Sorrentino Odv”. I progetti in genere sono a favore dell’ospedale Brotzu, ma questa volta Corrado si spenderà per il Microcitemico e il suo reparto di Oncoematologia pediatrica: i soldi raccolti durante la circumnavigazione serviranno ad acquistare un macchinario per il “monitoraggio multiparametrico”. «L’impresa sportiva, da sola, servirebbe solo a fare statistica. A me interessa di più l’esperienza solidale e benefica, il contatto con la gente, la sensibilizzazione». E poi ritrovarsi da soli, padre e figlia, nella placenta del mare. Perché quando nuoti sei immerso nell’acqua, nel silenzio, nella fatica, ma anche nei tuoi pensieri. E il mare ha questo fantastico potere, aiuta a riscoprirsi minuscoli dentro una cosa immensa, piccoli in un universo liquido, all’interno di un grande misterioso disegno.
Da quel 16 novembre tutto è rimasto intatto. Anche la cameretta dei giochi, con le scarpe bianche rosse sul pavimento, le farfalle sul soffitto, i peluche, gli unicorni dagli occhi grandi, la chitarra rosa, il copriletto con le stelle, il grembiule stirato, gli occhiali da sole verdi, l’astuccio con scritto Amelia Sorrentino (seconda A). «Mi capita spesso di entrare nella sua stanza, sento che lei è lì che mi aspetta. Ho viaggiato tanto, ho visitato tanti posti, ma alla fine il luogo dove ci ritroviamo con più intimità è proprio questo».
È anche una presenza tatuata sulla pelle: «Nella spalla ho disegnato l’elettrocardiogramma, il suo primo battito di vita. Ed è un filo che si collega sino al petto, dove ho tatuato il suo volto a un anno. Il mio progetto è di raccontare sul mio corpo i suoi sette anni, con sette diversi tatuaggi». Però la sua foto non compare da nessuna parte, nemmeno nella bacheca Facebook di Corrado Sorrentino, così densa di post e di immagini: «Non darei mai in pasto mia figlia sui social. La gente scaricherebbe e poi condividerebbe la sua foto per un pugno di like schifosi. Non riuscirei mai a sopportare i commenti. Preferisco proteggerla».
In fondo lo ha sempre fatto. Prendendola per mano, trasmettendole le sue passioni. «Da me ha preso sicuramente l’acquaticità, perché Amelia era un piccolo pesce. Mi sarebbe piaciuto anche regalarle un po’ della mia grinta, quella che mi ha sempre permesso e mi permetterà di raggiungere i miei obiettivi. Lei era una bimba solare, gioiosa, che quando piangeva bastava un buffetto per strapparle un sorriso. Era capace di stupirmi per gli slanci di generosità. Anche se i miei impegni mi tenevano spesso lontano, penso di avermela goduta. E alle persone che incontrerò in questo mio viaggio per la Sardegna, la raccomandazione che farò sarà questa: ogni giorno con i figli è un regalo, assaporate ogni istante, non mollateli, non lasciateli a rincoglionirsi con quel cavolo di telefonini».
Anche questa volta Corrado, bracciata dopo bracciata, respiro dopo respiro, non sarà solo nel mare. A seguirlo, in superficie ci sarà un gommone di appoggio, e nel profondo, come un’ancora, la sua Amelia.
Settecento chilometri, bracciata dopo bracciata, in solitaria (o quasi...) a 48 anni: 12 chilometri ogni giorno per due mesi, primo tuffo l’1 luglio a Marina Piccola (Cagliari), nella stessa acqua dove Amelia aveva fatto il primo bagno, fino a completare il periplo della Sardegna. Un’impresa epica anche per un tre volte ex campione assoluto di nuoto, ma soprattutto la traversata spirituale di un uomo e di un padre nella burrasca dei suoi ricordi, alla ricerca del senso della vita ma anche della morte.
Aveva sette anni, il 16 novembre del 2018, quando il suo cuore cessò di battere nell’ospedale Brotzu di Cagliari. «Sei giorni prima, dopo l’allenamento in piscina, si era sentita male. Aveva accusato un forte mal di pancia, e i dolori non le erano passati nemmeno a casa. Ma prima era andata al compleanno di un’amichetta, e si sa che i bambini si imbottiscono di schifezze. Così abbiamo sottovalutato, fino a che alle 2,30 di notte era svenuta per il dolore». Un volvolo intestinale, una grave malformazione congenita difficile da diagnosticare e che non aveva mai dato segnali. «I medici del 118, quelli del pronto soccorso e anche in Pediatria hanno pensato a un esordio di diabete. Quando si sono accorti della reale patologia, l’intestino era già in necrosi. Ce l’hanno messa tutta per salvarle la vita, ma evidentemente doveva andare così, era già tutto scritto». Corrado non sa se chiamarlo destino. Lo vede di più come lo scadere di un contratto di affitto in un corpo: lasciare un involucro, per rivivere altrove. «Ci sono alcuni segnali che mi fanno pensare a qualcosa di speciale. La stanza di Amelia in Pediatria era la numero 5, in Rianimazione ancora la 5, ha lottato per 5 giorni, ha avuto 5 arresti cardiaci, il 5 gennaio è Santa Amelia, io mi sono sposato il 5 aprile, e potrei andare avanti. Questo numero ricorre sempre nella nostra esistenza. Io non sono credente. Però credo in Amelia, lei è il mio Dio. Ci parlo in continuazione, ogni giorno, e le risposte mi arrivano sotto forma di sensazioni, di percezioni». In cambio lui la fa rivivere da protagonista in tutte le iniziative benefiche organizzate negli ultimi 3 anni con l’associazione “Amelia Sorrentino Odv”. I progetti in genere sono a favore dell’ospedale Brotzu, ma questa volta Corrado si spenderà per il Microcitemico e il suo reparto di Oncoematologia pediatrica: i soldi raccolti durante la circumnavigazione serviranno ad acquistare un macchinario per il “monitoraggio multiparametrico”. «L’impresa sportiva, da sola, servirebbe solo a fare statistica. A me interessa di più l’esperienza solidale e benefica, il contatto con la gente, la sensibilizzazione». E poi ritrovarsi da soli, padre e figlia, nella placenta del mare. Perché quando nuoti sei immerso nell’acqua, nel silenzio, nella fatica, ma anche nei tuoi pensieri. E il mare ha questo fantastico potere, aiuta a riscoprirsi minuscoli dentro una cosa immensa, piccoli in un universo liquido, all’interno di un grande misterioso disegno.
Da quel 16 novembre tutto è rimasto intatto. Anche la cameretta dei giochi, con le scarpe bianche rosse sul pavimento, le farfalle sul soffitto, i peluche, gli unicorni dagli occhi grandi, la chitarra rosa, il copriletto con le stelle, il grembiule stirato, gli occhiali da sole verdi, l’astuccio con scritto Amelia Sorrentino (seconda A). «Mi capita spesso di entrare nella sua stanza, sento che lei è lì che mi aspetta. Ho viaggiato tanto, ho visitato tanti posti, ma alla fine il luogo dove ci ritroviamo con più intimità è proprio questo».
È anche una presenza tatuata sulla pelle: «Nella spalla ho disegnato l’elettrocardiogramma, il suo primo battito di vita. Ed è un filo che si collega sino al petto, dove ho tatuato il suo volto a un anno. Il mio progetto è di raccontare sul mio corpo i suoi sette anni, con sette diversi tatuaggi». Però la sua foto non compare da nessuna parte, nemmeno nella bacheca Facebook di Corrado Sorrentino, così densa di post e di immagini: «Non darei mai in pasto mia figlia sui social. La gente scaricherebbe e poi condividerebbe la sua foto per un pugno di like schifosi. Non riuscirei mai a sopportare i commenti. Preferisco proteggerla».
In fondo lo ha sempre fatto. Prendendola per mano, trasmettendole le sue passioni. «Da me ha preso sicuramente l’acquaticità, perché Amelia era un piccolo pesce. Mi sarebbe piaciuto anche regalarle un po’ della mia grinta, quella che mi ha sempre permesso e mi permetterà di raggiungere i miei obiettivi. Lei era una bimba solare, gioiosa, che quando piangeva bastava un buffetto per strapparle un sorriso. Era capace di stupirmi per gli slanci di generosità. Anche se i miei impegni mi tenevano spesso lontano, penso di avermela goduta. E alle persone che incontrerò in questo mio viaggio per la Sardegna, la raccomandazione che farò sarà questa: ogni giorno con i figli è un regalo, assaporate ogni istante, non mollateli, non lasciateli a rincoglionirsi con quel cavolo di telefonini».
Anche questa volta Corrado, bracciata dopo bracciata, respiro dopo respiro, non sarà solo nel mare. A seguirlo, in superficie ci sarà un gommone di appoggio, e nel profondo, come un’ancora, la sua Amelia.