Costa: «Presto finirà l’embargo dell’Europa verso la Sardegna»
La carne di maiale sarda potrà finalmente essere esportata
SASSARI. Il tortuoso cammino verso l’eradicazione della Peste suina africana (Psa) continua e ha raggiunto Bruxelles. Dal punto di vista epidemiologico, la guerra è stata vinta ormai da tempo: gli ultimi episodi di Psa nell’isola risalgono al 2018, per gli animali domestici, e al 2019, per i capi allo stato brado. Da allora in poi sono arrivate solo buone notizie con la conseguente certezza di essere riusciti a sconfiggere un nemico invisibile che ha cristallizzato il settore suinicolo sardo per più di quarant’anni, imponendo un anche pesante embargo alle produzioni locali.
La delegazione. Il 6 luglio, il sottosegretario alla Salute, Andrea Costa, era nel cuore dell’Unione europea per completare, o proseguire, il lavoro diplomatico che porterà l’isola fuori dall’incubo della Psa anche sotto il punto di vista commerciale: «Di nuovo a Bruxelles, dove prosegue la road map per mettere fine all’embargo commerciale delle carni suine sarde che arriverà a breve – ha dichiarato ieri Andrea Costa –. Il conseguimento di questo obiettivo farà della Sardegna, che ha già sconfitto la peste suina africana a dimostrazione che il virus si può debellare, un modello virtuoso».
Insieme a Costa, dall’isola sono arrivati a Bruxelles anche Giovanni Filippini, direttore dell’istituto Zooprofilattico della Sardegna, Francesco Sgarangella, coordinatore dei servizi veterinari della Sardegna per la peste suina africana e Sandro Rolesu, responsabile scientifico dell'Unità di progetto per l'eradicazione della peste suina africana.
La situazione. Paradossalmente adesso i rischi arrivano dall’esterno. Con l’isola ormai fuori dal tunnel della Psa, nel resto del continente si è diffusa una nuova forma di infezione, genotipo 2, più virulenta e più contagiosa del genotipo 1 che è costato all’isola 40 anni di incertezze in un settore economico, quello dell’allevamento dei suini, potenzialmente strategico. Per limitarne la diffusione sarebbe sufficiente una campagna informativa, rivolta soprattutto ai turisti, in grado di mettere a fuoco i rischi di una seconda contaminazione. Perché per ritornare punto e a capo è sufficiente un attimo, una disattenzione, come un panino imbottito con un salume (infetto) fatto in casa, quindi non soggetto ai controlli di qualità a cui sono sottoposte le aziende, gettato in una cunetta e spazzolato da un vorace cinghiale. È un esempio, se ne potrebbero fare altri, di quanto potrebbe essere facile gettare al vento anni di complicato lavoro.