La Nuova Sardegna

Costo della vita

Prezzi, in Sardegna boom negli alimentari

Roberto Petretto
Prezzi, in Sardegna boom negli alimentari

Con l’inflazione tornata ai livelli di metà anni ‘80 famiglie sempre più in difficoltà. A sorpresa il costo delle scarpe

18 luglio 2022
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Sassari C’è un dato che più d’ogni altro fa capire quanto la “tempesta perfetta” che si sta abbattendo sul mondo occidentale, su un sistema di vita consolidato: se si osserva la curva dell’inflazione (la variazione dei prezzi al consumo in termini percentuali annui) si vede che nel 2022, almeno sino a giugno, si è tornati quasi ai livelli del 1984. Allora l’inflazione viaggiava al 9 per cento, ora siamo all’8. Nel 2020 si era fermata intorno al 2 per cento. È questo il primo segnale di quanto pesi di più sui portafogli di ciascuno di noi il caro prezzi.

Bene le scarpe, male gli alimentari. In base ai dati Istat sull'inflazione, analizzati da Il Sole 24 Ore (relativi a maggio), emergono alcune curiosità. Una di queste riguarda la Sardegna: se acquistare un paio di scarpe ad Avellino costa il 5,6% in più, a Cagliari la situazione è opposta: si paga il 6,4% in meno. A Sassari? Meno 4,9. Discorso inverso per l’abbigliamento: a Sassari i costo cresce mediamente del 7,8 e a Cagliari del 7,1. Ben diverso il discorso se si parla di generi alimentari: qui le due principali città sarde hanno un balzo verso l’alto che supera anche la media nazionale: Sassari più 10,3 e Cagliari più 8,2. Per le bevande analcoliche a Sassari la spesa è cresciuta del 7,3 per cento, per quelle alcoliche del 3,1.

Carrello, oh caro! Per l'Istat i beni del «carrello della spesa» hanno toccato i livelli più alti dal 1986. A giugno i prezzi degli alimentari lavorati sono saliti da +6,6% a +8,1%, quelli dei non lavorati da +7,9% a +9,6% e il carrello della spesa è salito all'8,2% (a gennaio 1986 era +8,6%). Sommando tutto questo una famiglia senza figli potrebbe arrivare a spendere quasi 2.500 euro in più all’anno. Una con due figli anche 3.200 (elaborazione Codacons).

Differenziale di classe Secondo l’Istat l’inflazione colpisce in misura maggiore le fasce più deboli nel secondo trimestre raggiungendo addirittura il 9,8%, mentre per le classi più agiate si ferma al 6,1%. Perché questa differenza? L’inflazione tocca beni come gli alimenti e, in misura più contenuta, i servizi. I primi incidono di più sulle spese delle famiglie a reddito più basso, i secondi pesano di più su quelle agiate. Nasce così il cosiddetto «differenziale di classe».

Per ricchi e poveri, comunque, il dato potrebbe peggiorare: l’accelerazione riscontrata nel secondo trimestre dell’anno è infatti legata in gran parte all’aumento dei costi dell’energia, cresciuti del 42,6% a maggio de del 48,7% a giugno. A cascata questo aumento si è riversato su tutto il resto, sino al consumatore finale.

Accise Ma a breve scadenza potrebbe esserci una nuova stangata: il 2 agosto scade il provvedimento con cui il Governo Draghi ha tagliato di 30 centesimi del accise sui carburanti. Ciò significa che, se non ci sarà una nuova proroga (cose tutt’altro che certa viste le turbolenze che stanno colpendo il governo) all’inizio del mese prossimo potremmo trovarci con il carburante (benzina o gasolio) che toccherebbe prezzi record oltre 2,30 euro al litro.

Il pranzo al ristorante Anche alloggiare in alberghi, motel, pensioni, B&b, agriturismo e ostelli costa di più: mediamente il 18 per cento, secondo un’indagine dell’Unione nazionale consumatori. In vetta alla classifica dei rialzi c’è Milano con un più 71,4 per cento rispetto a giugno 2021. Prezzi in rialzo anche nel settore della ristorazione. In vetta c’è Verona con un più 9,1%. Al sesto posto c’è Sassari con un più 7%) e all’ottavo Olbia-Tempio con più 6,6%.


 

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