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L’ex martellista originaria di Sorso

Silvia Salis, campionessa di atletica e moglie del regista Brizzi: «Libera grazie allo sport»

di Silvia Sanna
Silvia Salis, campionessa di atletica e moglie del regista Brizzi: «Libera grazie allo sport»

Il suo libro contro gli stereotipi di genere ha vinto il premio “Gianni Mura”

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Un campo di atletica come parco giochi, una distesa enorme dove correre, saltare e sfogare un’energia incontenibile e libera di esplodere. Sembra di vederla la piccola Stella spalancare la porta di casa e correre su e giù nel giardino enorme, tuffarsi e rituffarsi nella sabbia, arrampicarsi su attrezzi e pedane. E guardare, divorare con gli occhi gli atleti – bambini e adulti – che si allenano lì ogni giorno, sulla pista rossa e nella gabbia, e a poco a poco capire che quel parco, quell’iniezione quotidiana e continua di sport, avrebbe segnato la sua vita per sempre. La piccola Stella è la protagonista del libro “La bambina più forte del mondo” e la sua storia è quella di Silvia Salis, 37 anni, che nel campo di atletica di Villa Gentile a Genova ha vissuto da quando aveva 3 anni sino all’adolescenza.

Silvia e Stella Figlia di Eugenio, il custode del campo, Silvia è andata via quando è stata convocata in Nazionale e ha iniziato a girare il mondo conquistando decine e decine di titoli nel lancio del martello e partecipando a due Olimpiadi. Oggi Silvia, originaria di Sorso «luogo del cuore, delle amicizie, dei giochi con i cugini, di tanti ricordi bellissimi – è vicepresidente vicario del Coni, prima donna a ricoprire questo ruolo. Ed è anche scrittrice: la sua Stella ha conquistato i lettori e ora anche i giudici del premio letterario intitolato a Gianni Mura, il grande giornalista sportivo, anche lui con origini sarde (di Ghilarza). Oggi a Torino (Casa Tennis a Palazzo Madama) Silvia Salis riceverà il premio per la sezione “Fuoriclasse”: la sua “Bambina più forte del mondo” è il miglior libro di letteratura sportiva per ragazze e ragazzi. «Un onore, perché Gianni Mura ha raccontato lo sport, le imprese e le persone. con uno stile unico e ineguagliabile. Ed è bellissimo ricevere questo premio per un libro che racconta la mia storia, con il quale voglio trasmettere un messaggio».

Maschi e femmine La storia di Stella è la storia di Silvia, è la favola di una bambina cocciuta che riesce a svettare in uno sport riservato fino al Duemila solo agli uomini. È un libro-manifesto sulla parità di genere nello sport, contro luoghi comuni che troppo spesso ancora tarpano le ali e uccidono i sogni di ragazzi e ragazze. «Mi sono sentita dire “lascia perdere” con il lancio del martello diventerai un maschio, non avrai mai un fisico e una bellezza femminile – dice Silvia Salis – io non ho dato retta e sono andata avanti, seguendo il mio istinto e la mia passione. E sono stata fortunata perché la mia famiglia mi ha sempre lasciato libera. Se i miei genitori avessero ceduto agli stereotipi “delle cose da maschio e da femmina” magari avrei indossato un tutù e fatto danza con poca voglia. Non avrei ottenuto i risultati di cui vado fiera, non avrei avuto la possibilità di raggiungere obiettivi importanti. Questo dico nel libro e questo racconto ogni volta che ho l’opportunità di confrontarmi con adolescenti e genitori. C’è la tendenza da parte delle famiglie a fare percorrere ai figli le strade che sembrano più “sicure” perché rientrano nel concetto di “normalità”: succede per esempio che un ragazzo venga spinto a fare calcio anche se il pallone non è nelle sue corde e la ragazzina che si sente portata per una disciplina in cui dominano i maschi – come la lotta, lo judo o il rugby – venga dirottata da un’altra parte. In realtà – dice Silvia – è importante assecondare le inclinazioni di ciascuno, non importa se si viene etichettati come “strani” o “stravaganti”: chi se ne importa dei giudizi altrui, le strade meno sicure sono quelle che possono dare soddisfazioni enormi. Io facevo salto in lungo ma il martello era una calamita. Avevo un fisico esile per quel tipo di attività, ma il mio allenatore Walter Superina ha visto qualcosa in me. È stata una folgorazione, una svolta, ero nel mio mondo. Ai bambini dico “provateci” , inseguite la strada che sentite vostra».

Lo sport per affermarsi La favola nella favola, nella storia di Stella-Silvia, è quella di una bambina che non ha grandi mezzi eppure supera ogni ostacolo. «Ero la figlia del custode del campo di atletica – ricorda Silvia – la mia casa era lì dentro. E questa è stata la mia fortuna più grande perché grazie allo sport sono riuscita a ottenere riconoscimenti altrimenti impossibili». Non solo le medaglie, la gloria dei tanti titoli conquistati in giro per il mondo «ma una vera e propria emancipazione: senza lo sport non sarei qui, non sarei stata scelta per ricoprire un ruolo così importante nel Coni. Lo sport è fondamentale nella consapevolezza femminile e nello sviluppo dell’indipendenza, nell’affermazione di sè. Io sento di essere profondamente debitrice verso lo sport, anche per questo cerco di restituire quello che ho avuto».

Le donazioni Silvia Salis ha un rapporto speciale con l’ospedale Gaslini. «È una eccellenza della mia città e della sanità italiana, che è doveroso sostenere». Già due anni fa Silvia e il marito, il regista Fausto Brizzi, hanno aperto in occasione del matrimonio una raccolta fondi su GoFundMe a favore del Gaslini e il regista ha devoluto all’ospedale il cachet per lo spot della Liguria. Non solo: la storia di Stella, bambina coraggiosa, è stata presentata in anteprima lì e il ricavato delle vendite del libro alimenta la ricerca e le cure per altri bambini.

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