La Nuova Sardegna

Abusi edilizi e condoni

Strage di Ischia, nessuno adesso parli di fatalità

di Marcello Fois
Strage di Ischia, nessuno adesso parli di fatalità

Questa parola, usata per ignorare l’ignoranza, è la foglia di fico dietro la quale nascondiamo scelte vergognose, atti superficiali e pericolosissimi, determinazioni dettate da un tornaconto immediato anziché essere frutto di un progetto ragionato - IL COMMENTO

29 novembre 2022
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Quando si parla di tragedie come quella che ha recentemente colpito l’isola di Ischia si dovrebbe eliminare dal proprio vocabolario, per senso del pudore, la parola Fatalità. Quella è una parola che la Natura infatti non prevede. Nei cicli che la riguardano non c’è mai Fatalità, ne tanto meno, intento vessatorio. Sarebbe come dire che la presbiopia o i capelli bianchi sono una Fatalità. Questa parola, usata per ignorare l’ignoranza, è la foglia di fico dietro la quale nascondiamo scelte vergognose, atti superficiali e pericolosissimi, determinazioni dettate da un tornaconto immediato anziché essere frutto di un progetto ragionato. Dunque la tragedia di Ischia, come quella del ponte Morandi, come quella di Olbia, non è il frutto di una tragica Fatalità.

Ma la precisa responsabilità di chi, nel tempo, non ha fatto assolutamente nulla perché ciò non accadesse, e che, anzi, ha vistosamente ignorato, i chiari segnali di pericolo che pure erano giunti in diverse occasioni. Si consideri che un terremoto in Giappone produce il 70% di danni in meno che un terremoto di uguale potenza in Italia. E si consideri altresì, che dopo decenni di politica vorace nei confronti della foresta pluviale, le zone alluvionali del Brasile sono cresciute esponenzialmente.

Costruire troppo e male aumenta il rischio di crolli e morti in caso di terremoto. Sradicare alberi per guadagnare terreni edificabili o pascoli per l’allevamento intensivo, indebolisce il terreno fino a rendere sempre più micidiali le piogge. Ora si ha un bel dire che si tratta di fenomeni non prevedibili, di fronte a una tale insipienza e superficialità l’unica cosa prevedibile è che qualunque fenomeno naturale può diventare Fatale. La terribile tragedia di Ischia è in questo senso l’ulteriore conferma che la mancanza di una cultura del territorio può generare danni incommensurabili. Per parlare di casa nostra vorrei ribadire qualche dato che questo stesso giornale ha fornito non troppo tempo fa secondo cui decine di Comuni Sardi, nonostante le sollecitazioni, non si sono ancora dotati di piani contro i rischi ambientali. Vale a dire non hanno deliberato in merito a politiche reali per prevenire i danni che potrebbero derivare da pioggia, da fuoco o ghiaccio e neve. E quando si parla di politiche si intende intervenire in materia di rimboschimento, di lotta alla piromania, di tolleranza zero nei confronti dell’abusivismo edilizio. Che detto ancora più semplicemente significa, piantare il doppio degli alberi che vengono consumati dagli incendi, dolosi o colposi; mettere in galera i piromani; demolire tutte quelle case abusive costruite in zone ad alto tasso alluvionale. Basta recarsi in una qualsiasi piazza di uno dei nostri paesi per chiedere all’anziano di turno quali sono le aree pericolose nel proprio territorio: dove scorreva il fiume, dove c’era la zona d’assorbimento, dove c’era un bosco. Ma da quasi un mese l’argomento cogente della nostra Regione è la composizione della nuova Giunta, tiene banco il gossip sul toto assessori, in questa specie di terziario avanzato che è la politica regionale come fosse semplicemente un’azienda da cui trarre uno stipendio. Si delibera immantinente sulla raccolta dei porcini, prima che sui boschi dove questi porcini dovrebbero prosperare. Si lamenta la siccità e poi la pioggia. Ogni fenomeno, vento, pioggia, siccità è diventato una maledizione e, per di più, incontrastata. Si invocano risarcimenti e non si invoca mai la prevenzione. Intanto a Olbia, a Bitti, nell’oristanese, tutto è fermo nel gioco dei rimpalli, nella più impressionante espressione di impotenza politica, e di incapacità normativa, a cui sia dato assistere. Il territorio unico, l’ecosistema specifico, il rispetto e la salvaguardia del nostro ambiente peculiare, sono il reale prodotto interno lordo della nostra Regione, la miniera d’oro su cui siamo seduti e che stiamo dissipando con una velocità impressionante. Sacrificare questa unicità è come dissipare un patrimonio immenso. Certo per alcuni le tragedie possono rivelarsi degli affari, ma, fateci caso, si tratta sempre di quelli che chiamano Fatalità le proprie inadempienze.
 

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