La Nuova Sardegna

Verona

Dalla vernaccia al vermentino, la Sardegna premiata e invidiata a Vinitaly

di Andrea Sini
Dalla vernaccia al vermentino, la Sardegna premiata e invidiata a Vinitaly

Alla kermesse la cantina della Famiglia Orro fa il pieno di riconoscimenti. I prodotti sardi conquistano il pubblico con un mix di tradizione e sperimentazione

04 aprile 2023
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Inviato a Verona Passione è dare forma ai sogni, passione è produrre e mettere sul mercato un prodotto che si sente proprio e che rappresenta quasi una bandiera. C’è della vernaccia a Oristano, e c’è della Vernaccia anche a Vinitaly, dove nel secondo giorno di apertura il padiglione della Sardegna registra il tutto esaurito e dove a una fila più lunga della media corrisponde di solito una cantina premiata.

Passione di famiglia È il caso della cantina della Famiglia Orro, che con la sua Vernaccia di Oristano doc 2013 è andata a un tanto così dal podio assoluto ma con il suo 95/100 è comunque entrata nel gotha dei vini italiani. Davide Orro, dominus dell’azienda vitivinicola con sede a Tramatza, è l’immagine della soddisfazione. «Essere riusciti a ottenere un risultato come questo con il prodotto che sentiamo più nostro – dice – ci dà una gioia doppia. La Vernaccia Doc è il nostro simbolo». Una laurea in agraria con una tesi – indovinate un po’ – sulla vernaccia, una storia familiare legata alla piccola produzione e una passione che arriva da lontano e si intreccia con un percorso formativo di alto livello.

«Avevamo il sogno di creare un’azienda multifunzionale –: dice ancora Davide Orro –, con l’obiettivo di rispettare le biodiversità locali. La vernaccia è la nostra bandiera, è un prodotto riconosciuto, ma poi bisogna anche farlo buono. La tradizione va rispettata, ma bisogna anche volgere lo sguardo all’innovazione». Chi lavora in azienda? «Siamo noi Orro, di base, ma ormai ci siamo allargati. È un settore affascinante e i giovani li catturi al contrario: si parte dal bicchiere, si passa all’esperienza, ma poi si scopre la bellezza che c’è dietro il lavoro». E così, nel caso, si passa alla produzione.

L’elicriso sotto le viti Negli ultimi dodici anni l’unico concime in vigna è arrivato dal pascolamento, cinque anni fa è arrivata la decisione di convertirsi progressivamente al biologico, due anni fa la scelta è diventata integrale, certificata. Da Berchidda con purezza, la cantina di Gioacchino Sini è tra quelle che nella 55ª edizione di Vinitaly si sono tolte le migliori soddisfazioni. «Di concimare non se ne parla, è una cosa fuori dal tempo – dice il signor Giocacchino, che attraverso un tablet mostra con orgoglio l’esposizione, la collocazione e i pregi delle sue vigne –. Nella vigna storica la mia famiglia fa vino dal 1949, cerchiamo di produrre un vino di qualità che arrivi da un percorso totalmente privo di agenti chimici. Il risultato è che dobbiamo rinunciare a qualcosa, che la fatica è tanta e le piante non sono mai perfette. Ma quando vedo queste piante che crescono in mezzo alle mie viti – sorride sventolando frasche di profumatissimo elicriso – allora penso che la strada è quella giusta».

Agenti cercansi In principio fu il nonno, arrivato in Sardegna tra i “coloni” delle Bonifiche ferraresi. Ora in prima fila ci sono i nipoti, che si portano dietro, attraverso le bottiglie, il nome dell’antico abbeveratoio delle vacche e che con 30 mila bottiglie prodotte all’anno puntano ad aprirsi.

«La vigna, nei pressi di Santa Maria La Palma, esiste dal 1962 – dice Raul Pozzati, della Cantina Rigatteri –, venne creata con l’Etfas. Noi ora cerchiamo la nostra collocazione sul mercato, pensiamo di avere ottime potenzialità». Il vermentino è il top di gamma, il cartello “Agenti cercansi” esposto nello stand la dice lunga sulle ambizioni.


 

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