La Nuova Sardegna

Una città e le sue storie
Una città e le sue storie - Olbia

La grande sfida della modernità

di Marco Bittau
La grande sfida della modernità

La rivoluzione dei 30 anni

20 novembre 2023
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Cambiare il volto di una città in un tempo relativamente breve, rivoltarla come un calzino, non è affatto scontato. Altrove, anche in Sardegna, è accaduto esattamente il contrario. È sicuramente una grande sfida e la posta in gioco è molto alta perché si tratta di investire risorse, elaborare progetti ambiziosi, educare i cittadini a un diverso e migliore stile di vita, indicare una prospettiva di sviluppo che non sia più solo cemento e mattoni. Soprattutto, significa avere una visione. Fallire significa aver buttato via tempo e denaro.

A voler semplificare le cose, la parabola di Olbia è molto simile alla favola del brutto anatroccolo diventato cigno. Per sradicare luoghi comuni e brutte abitudini ci sono voluti tre decenni e una vera e propria rivoluzione culturale. Non bastano, infatti, una pista ciclabile e due aiuole sul lungomare, serve un intervento più profondo. Si tratta di sostituire valori a disvalori, radicare la consapevolezza della necessità di elevare la qualità della vita e rendere migliori gli spazi dove le persone vivono e lavorano. Appena trent’anni fa Olbia non si poteva neppure definire una città, si intuivano le sue grandi potenzialità, ma - giusto per fare un esempio - non esisteva neppure una vera rete fognaria e di depurazione che potesse impedire il deflusso libero e selvaggio delle acque nere in mare. Era un mostro urbanistico costruito in fretta e male per far fronte alla straordinaria domanda abitativa di decenni di boom economico conseguente alla nascita della Costa Smeralda. Prima costruire e poi pianificare, assecondando la crescita esplosiva della città e la sua corsa all’oro del turismo. Il risultato era davanti agli occhi di tutti: un porto e un aeroporto dove sbarcare in fretta per raggiungere qualunque altra località dell’isola. Oggi non è più così, ma parlare di miracolo sarebbe sminuire l'enorme lavoro svolto dagli amministratori comunali che si sono succeduti in questi trent'anni. Un’azione che probabilmente è ancora soltanto agli inizi e che conta sul suo percorso opere mirabili e anche qualche fallimento.

Olbia oggi è immersa nella sua contemporaneità. Vive il suo tempo, pensa in grande e guarda sempre avanti, proiettata in un divenire fatto di cantieri continui e di opere da realizzare. Forte delle sue decine di etnie diverse nella popolazione residente, ha consolidato una vocazione internazionale e una storia di città dell’accoglienza e della solidarietà, che apre le porte a tutti e a tutti garantisce servizi. Terra d’attrazione, complice la natura generosa che ha dotato il territorio di paesaggi straordinari e spiagge incantevoli. Un’apertura al mondo che è stata spesso indicata come un limite, cioè la mancanza di radici e di identità. Al contrario, nel momento del bisogno Olbia ha trovato nel suo profondo sia le radici che la forza identitaria per risollevarsi. Esattamente dieci anni fa la città era in ginocchio, devastata da un’alluvione costata morte e distruzione, sudore e lacrime. Una forza ciclopica ha spinto gli olbiesi a ricostruire case e aziende, a risollevare la testa e a ricominciare a correre.

Strade, parchi, ospedali (soprattutto il Mater Olbia), infrastrutture moderne, porti turistici, il centro storico diventato un salotto, i quartieri dell’ansa sud del golfo prossimi alla riqualificazione, un’area industriale tra le più dinamiche del Mediterraneo, tanto è stato fatto e altrettanto resta ancora da fare. La strada però è segnata e i numeri parlano chiaro: Olbia vanta il primato di un costante trend di crescita (popolazione residente, nuove imprese, reddito pro capite, attrazione di investimenti) ed è alla testa in Sardegna di importanti e strategici comparti economici come il turismo e la nautica da diporto. La locomotiva dell’isola corre ancora.

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