La Nuova Sardegna

Ambiente

Paolo Mossone: «Sì alla pesca dei ricci ma non così: siamo a un passo dall’estinzione»

di Salvatore Santoni
Paolo Mossone: «Sì alla pesca dei ricci ma non così: siamo a un passo dall’estinzione»

Il direttore del Centro marino internazionale, contesta la riapertura: «Provvedimento sbagliato, in questo modo si crea un danno ambientale»

01 dicembre 2023
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Sassari «Questo modello di pesca utilizzato fino a oggi dalla Regione è la certezza di fare un danno ambientale». Paolo Mossone, direttore dell’Imc Centro marino internazionale e componente del Comitato tecnico consultivo regionale per la pesca e l’acquacoltura, non usa mezzi termini per definire la seconda deroga in ordine di tempo alla pesca del riccio di mare.

Il via libera è arrivato avanti ieri in consiglio regionale con l’approvazione di un emendamento alla legge per la variazione di bilancio. Primo firmatario, il consigliere del Pds’Az Nanni Lancioni, che è stato supportato da una nutrita schiera di colleghi. La deroga era stata annunciata qualche settimana fa, cioè da quando è stata la stessa assessora regionale all’Agricoltura, Valeria Satta, che in una nota aveva palesato la volontà di rivedere il blocco totale introdotto dall’articolo 13, comma 47 della legge regionale 17/2021.

«Emergenza vera» «La notizia era nell’aria – riprende Mossone –. Per quanto mi riguarda, in sede di comitato consultivo ho avuto occasione di esprimermi negativamente, non rispetto a questo provvedimento ma rispetto proprio all’ipotesi. Quando se n’è parlato ho spiegato che la risorsa, in questo momento, non è in condizione di poter affrontare uno sforzo di pesca che le grava addosso».

«Non dico che si debba interrompere la pesca – aggiunge Mossone – ma va ripensato il modello gestionale. Imc, Agris e l’università fanno un continuo monitoraggio che dimostra come la specie sia in progressiva rarefazione. Ormai è diventata una vera emergenza, e continuare su questa stessa linea non può fare altro che peggiorare le cose. È evidente che per decidere questo provvedimento (riaprire la pesca ai ricci, ndr) non è stato usato un approccio scientifico. La scienza espressa in ambito regionale dai vari centri di ricerca che sono coinvolti nel monitoraggio ha un orientamento opposto a questa scelta».

«Serve un modello nuovo» Quale sarebbe un modello di gestione efficace per consentire la pesca dei ricci senza farli estinguere? «Sono da testare per vederne gli effetti – riprende Mossone –. Ci sono, per fare qualche esempio, degli accorgimenti che si possono attuare come i calendari di pesca in base alla densità zona per zona. Ci sono già delle zonazioni ma non implicano calendari differenziati. Se si fa questo, si pone il problema dei pescatori che si sposterebbero in massa, e quindi naturalmente bisognerà anche limitare l’accesso alle zone aperte. E poi c’è la vigilanza da fare, ovviamente». «Faccio un altro esempio: viene demonizzato l’utilizzo di sistemi di tracciamento delle barche e dei pescatori ma in realtà in tanti contesti sono utilizzati, servono a limitare l’abusivismo lamentato dagli stessi pescatori professionisti».

Politiche attive C’è un altro aspetto della questione appena abbozzata rispetto al riccio di mare: il ripopolamento. «Ai fini sperimentali è stato fatto ad Alghero – continua Mossone –. Il progetto è partito in primavera e ci sono i primi risultati ma è troppo presto per dire qualcosa, la ricerca necessaria non si fa in un mese e nemmeno in un anno. Un riccio impiega come minimo 4 anni per arrivare alla taglia commerciale. Servono politiche attive, finora ci si è limitati a mantenere questa politica di prelievo e a monitorare i danni di questa politica».
 

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