La Nuova Sardegna

Una città e le sue storie
Una città e le sue storie – Sassari

«Antonio Segni, Sassari era la sua “madre” avrebbe voluto esserne stato sindaco»

«Antonio Segni, Sassari era la sua “madre” avrebbe voluto esserne stato sindaco»

Mario ricorda il padre presidente e il suo affetto discreto e appassionato

15 dicembre 2023
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Un presidente della Repubblica profondamente consapevole delle responsabilità e dei confini del suo ruolo. Un uomo legatissimo, anche nei tempi del massimo potere, alla sua città, Sassari. E un politico sul cui operato è in corso una lenta ma costante rivalutazione storica. Così Mario Segni dipinge, a cinquant’anni dalla morte, il padre Antonio. Un giurista, un politico, un cattolico. E soprattutto un sardo, un sassarese, profondamente legato alla sua città natale. Dirigente del Partito popolare all’indomani della Grande Guerra e poi dirigente della Democrazia cristiana dopo il secondo conflitto mondiale. Fu undici volte ministro, due volte presidente del Consiglio, infine, capo dello Stato.

«Ma il suo grande rammarico – racconta il figlio Mario – era di non essere mai stato sindaco di Sassari, la sua Sassari. Che amava e nella quale trascorreva più tempo possibile. Anche quando era presidente. Anzi, in quel periodo i suoi ritorni si intensificarono, non amava infatti il Quirinale, dove andò a vivere perché lo riteneva un suo dovere. D’altronde io ebbi subito una precisa sensazione: che per lui quella di presidente della Repubblica era una funzione particolarmente pesante, perché sebbene fosse un giurista e un professore era sostanzialmente un uomo d’azione e il ruolo era in qualche modo difficile per la sua personalità».

Un uomo di governo, un legislatore, più che un leader di partito. Il suo nome si lega alla riforma agraria, una delle più importanti riforme nella storia d’Italia dal 1861 in poi. «Mio padre ci diceva sempre che lui, più di tutto, si sentiva un contadino – racconta Mario –. Ed effettivamente passava molto tempo a seguire direttamente le campagne di famiglia, soprattutto nella valle di Logulentu. Lì trascorreva le sue vacanze, tranne qualche veloce visita a Stintino».

Antonio Segni difese sempre i diritti dell’isola e curò l’interesse dei sardi, utilizzando i mezzi che aveva. «Minacciò le dimissioni pur di far avanzare il progetto di legge di finanziamento del Piano di Rinascita – ricorda il figlio – Il rapporto per la Sardegna, però, era ben altra cosa rispetto al suo rapporto con Sassari. La sua città era per Segni come una madre è per un figlio. Un rapporto unico, speciale, continuo. Come le lunghe passeggiate che amava fare nella città antica. Lo accompagnavo spesso, adorava il tratto delle mura, tra il Rosello e Corso Trinità. Già allora si lamentava di quanta potenzialità inespressa aveva il nostro centro storico, di quanto il suo rilancio sarebbe stato fondamentale per Sassari».

Una sassareseria che, pur non emergendo nei tratti più “cionfraioli” nel suo carattere riservato, era praticata con rispetto e partecipazione per tutte le feste, le tradizioni. «Ricordo ancora che quand’ero piccolo comprò un libro di gobbule, che con grande divertimento mi leggeva in casa. E anche una “mitica” Torres-Cagliari a cui lo accompagnai nel 1960. Seduto accanto a lui il presidente della Regione Efisio Corrias, suo carissimo amico e tifosissimo del Cagliari. Per fortuna di entrambi finì 1 a 1»

. E Torres si chiamava anche la prima nave della Tirrenia che collegò Porto Torres e Genova: «Una tratta che si battè tantissimo per attivare, contro chi diceva che sarebbe stata anti economica. Lui era certo che avrebbe fatto rifiorire gli storici rapporto commerciali con il capo di sopra del Continente. Basta sbarcare oggi nel porto di Genova per capire quanto aveva ragione».

E tanti furono i “gesti d’amore” che Segni fece per la sua Sassari. Piccoli o enormi, come la nascita del Banco di Sardegna: «Una grande operazione fortemente agevolata da mio padre e da Siglienti che era presidente dell’associazione bancaria, uno strumento che nella sua concezione era importantissimo per la Sardegna e per Sassari in particolare» E viveva fortissimamente, anche se in modo molto discreto, il problema che si pone ancora oggi della “competizione” di Sassari con Cagliari. Si sentiva in obbligo di difendere la sua città. «Andreotti mi raccontò un episodio: una volta mio padre si era lamentato con lui e con De Gasperi che la Sardegna era stata esclusa da non so quale ente. De Gasperi gli disse: questa volta ti sbagli perché c’è Tizio... e mio padre rispose: “Ma veramente è di Cagliari”». (g.bua)

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