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Elezioni / le interviste ai candidati governatori

Renato Soru: «Gli altri pensano al potere, io farò gli interessi dei sardi»

di Claudio Zoccheddu
Renato Soru: «Gli altri pensano al potere, io farò gli interessi dei sardi»

L’ex governatore e patron di Tiscali lancia la sfida a Truzzu,Todde e Chessa «Abbiamo lavorato bene e noto sempre più interesse e affetto: vinceremo»

08 febbraio 2024
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Sassari Renato Soru ci riprova. Vent’anni dopo la vittoria che lo portò a guidare la Regione. Oggi, però, le cose sono diverse. Per quanto ora come allora il suo nome fosse la punta dell’iceberg di un “suo” movimento politico, Soru corre da outsider perché non ha l’appoggio del centrosinistra sardo, la stessa area politica di cui era socio fondatore che si è schierata con Alessandra Todde. Anche la posizione politica è maturata dalla sinistra moderata all’autonomismo deciso. Gli obiettivi sono rimasti sostanzialmente gli stessi e nell’agenda di Mr. Tiscali c’è una parola cerchiata di rosso più e più volte: innovazione. Il futuro è la meta finale, ma questa sfida elettorale parte dal passato, anche se prossimo.

Soru, lei ha diffuso un messaggio elettorale lo stesso giorno in cui andava in scena il primo comizio non ufficiale di Alessandra Todde. Aveva già deciso di candidarsi o la scelta è arrivata in quel momento? «No. Non ho preso una decisione di questo genere come reazione a quanto accadeva. E non pensavo di candidarmi direttamente alla presidenza della Regione, credevo di fare le primarie. Ritenevo che il Pd le dovesse fare per aprire la scelta agli elettori».

Poi è andata in maniera diversa. Tra l’altro, il suo ex partito e alcuni suoi sostenitori ora sono con Todde. Quanto l’ha stupita questa scelta?

«Poco. Alla fine il Pd sardo mi ha sempre visto come un estraneo. Qualche volta mi ha sopportato ma quando ha potuto ha cercato di tenermi ai margini. Sin da subito ho rotto equilibri consolidati. La politica è rimasta un gioco per il mantenimento di equilibri consolidati piuttosto che lo sforzo comune di cambiare profondamente lo stato delle cose».

A proposito di equilibri, ci dice il nome di un candidato che avrebbe messo d’accordo lei con Pd e 5Stelle? «Se si fossero fatte le primarie ci sarebbe stato più di un candidato. Si sarebbe candidato il sindaco di Nuoro, quello di Iglesias e forse quello di Quartu. Ci sarebbero state più persone meritevoli di presentare una proposta».

Ritorna spesso sulle primarie.

«Perché mi ha deluso l’imposizione romana, la pretesa dei 5Stelle di avere il diritto di scegliere un candidato per la Sardegna. E mi ha stupito ancora di più l’adesione da parte del Pd che prende schiaffi sia sul nazionale sia sul regionale. Conte ha dichiarato che non esiste il Campo Largo e che loro sono un partito progressista, rappresentanti dell’area della moralità. Non sono alleati, mirano ad egemonizzare il Pd e a sostituirlo. Conte e la classe dirigente di oggi sono un gruppo assetato di potere, possono governare con chi gli pare, conta solo conquistare il potere».

Passiamo ai rivali del centrodestra. Meglio Truzzu o Solinas?

«Non cambia nulla, hanno anche gli stessi candidati. Solinas rispondeva a Salvini, Truzzu, nel caso, risponderà a Meloni».

Cosa risponde a chi l’accusa di consegnare la Regione al centrodestra?

«Che sbagliano. Stiamo lottando per vincere e forse abbiamo già vinto perché abbiamo tracciato un percorso nuovo per la politica regionale, per oggi e per domani. La Sardegna deve essere in grado di dare vita a un partito maggioritario, non demagogico, che sappia interpretare gli interessi dei sardi».

Ecco, quali sono le priorità?

«Penso che a parte le emergenze della sanità e dei trasporti, della scuola, della gestione dell’assalto eolico e dei poligoni militari, il fatto nuovo, da governare, sia che il mondo contemporaneo, l’economia e la società, ormai siano basati su valori nuovi. Mi riferisco alla qualità ambientale: per questo si parla di transizione verde, energetica, tecnologica e digitale. Seguendo questo percorso costruiremo una nuova economia, con nuovi trasporti, intelligenti e sostenibili, un turismo responsabile e rispettoso del territorio e un’agricoltura che sappia trasformare in opportunità anche la crisi ambientale».

Tutto, però, inizia dalla scuola.

«La rivoluzione deve partire dall’economia della conoscenza e del sapere. È fondamentale garantire a tutti i livelli più alti di istruzione e fare in modo che tutti arrivino a un livello adeguato. Dobbiamo seguire l’indicazione europea e costruire una società della conoscenza. Ecco, la mia più grande ambizione è avviare la costruzione dell’infrastruttura più importante dell’isola: quella del sapere. Vorrei che nessun bambino abbandonasse la scuola».

Liste d’attesa, carenza di personale, riforme e controriforme. Come si salva la sanità?

«Per prima cosa sarà necessario avere la pazienza di far funzionare quello che abbiamo, fare collaborare le parti che oggi non dialogano tra loro. Per farlo dovremo allontanare la politica dalla sanità, che deve servire a prevenire le malattie e a curare i malati. Non serve a curare gli interessi elettorali, il consenso, la rielezione dei singoli».

Nel dettaglio?

«In questi anni è mancata l’attenzione al personale, medici e infermieri. Senza di loro non ci può essere sanità. Devono lavorare in un luogo sano, dove si premia il merito e non le amicizie. Ci sono contratti da rifare, medici da stabilizzare, bisogna prevedere premialità dove servono. E l’assistenza sanitaria deve partire dalla casa del paziente. Si può fare con la medicina domiciliare integrata, con una politica socio assistenziale che preveda medici di medicina generale e guardie mediche sempre presenti, in presìdi avanzati tecnologicamente. Con la telemedicina si possono fare esami a domicilio. In sostanza, dobbiamo agire seguendo modelli discussi e decisi nel territorio. Dobbiamo partire dal domicilio del paziente, non dal maxi hub ospedaliero».

Altro tema caldo: le scorie nucleari finiranno nelle basi militari sarde?

«Dico che le parole hanno un senso. Crosetto è venuto in Sardegna e ha detto che le basi non devono essere diminuite. Era il 4 novembre. Un mese dopo è arrivato il decreto che dice che il deposito nazionale delle scorie potrà essere realizzato in una base militare, a patto che sia già esistente».

Lei spesso viene indicato come una persona dal carattere spigoloso. Concorda?

«Credo che molto di questo dipenda dal fatto che in politica è difficile sentire qualcuno che dice no. Io lo faccio, quando serve. Però il mio carattere è cambiato: ho imparato dalle difficoltà e dagli incidenti. Ora sono una persona più compiuta».

Ultima domanda, la più difficile: chi vince?

«Io».

Sicuro?

«Non si può essere mai sicuri ma abbiamo lavorato bene e noto un interesse crescente e sempre più affetto»

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