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Elezioni regionali 2024
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Elezioni regionali, l’incognita del voto disgiunto e i super poteri del vincitore

Elezioni regionali, l’incognita del voto disgiunto e i super poteri del vincitore

Tutti i precedenti delle quattro elezioni dirette del presidente della Regione. Il peso elettorale del portabandiera vale più di quello di partiti e coalizioni

09 febbraio 2024
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Cagliari A vincere le Regionali è sempre e soltanto il candidato governatore più votato. Poco importa, se non poi per la distribuzione dei seggi, il risultato che domenica 25 febbraio otterranno le coalizioni e i partiti schierati con lui o con altri candidati governatore. È tutto scritto nella legge elettorale, la Statutaria, e sarà così anche per la quinta elezione diretta del presidente della Regione. A ribadire lo stesso concetto sono anche altre due clausole della legge: il cosiddetto voto disgiunto (cioè votare un candidato governatore e una delle liste a lui non collegate) e poi quella che se si vota solo per un candidato governatore il voto «non si estende alle liste che lo sostengono», mentre accade sempre viceversa. Poi il vincitore avrà per cinque anni anche una sorta di potere assoluto sul Consiglio regionale. Nel caso in cui dovesse dimettersi, l’Assemblea sarebbe sciolta, con la convocazione di nuove elezioni.

2004 Il vincitore delle prime elezioni dirette del governatore è stato Renato Soru, allora candidato del centrosinistra, con un distacco di oltre 93mila su Mauro Pili del centrodestra. Ma entrambi andarono molto meglio delle loro coalizioni: Soru ottenne oltre 94mila preferenze in più, Pili quasi 16mila. Alla fine il distacco fra i due schieramenti fu di oltre 16 mila voti a favore del centrosinistra.

2009 Cinque anni dopo, invece, a vincere fu Ugo Cappellacci del centrodestra trascinato soprattutto dai 44mila voti conquistati in più rispetto a quelli della coalizione. Anche Renato Soru, ricandidato dal centrosinistra, andò decisamente meglio dell’alleanza che lo sosteneva, 96mila voti in più, ma non gli bastarono per azzerare il divario. Alla fine le liste del centrodestra ottennero anche il maggior numero di voti in assoluto, con un distacco netto: 139mila.

2014 A essere decisivi per la vittoria di Francesco Pigliaru, candidato del centrosinistra, furono i quasi 24mila voti personali in più ottenuti rispetto a quelli della coalizione. Di contro, Cappellacci, ricandidato dal centrodestra, andò peggio dei suoi alleati: 6.954 voti in meno. Va ricordato, però, che in quella competizione elettorale erano in campo anche l’ex deputato di Forza Italia Mauro Pili (42mila) e la scrittrice Michela Murgia (76mila). Alla fine le liste di centrodestra ottennero più consensi rispetto al centrosinistra (quasi 10mila voti in più), però sconfitte comunque, visto il successo del candidato governatore dell’alleanza avversaria.

2019 Cinque anni fa la vittoria di Christian Solinas, candidato del centrodestra, fu netta rispetto a Massimo Zedda del centrosinistra: 364.522 contro 252.014, oltre centomila voti in più. Con questo paradosso: il risultato di Solinas fu tra l’altro più basso rispetto ai partiti che lo sostenevano (9mila in meno), mentre Zedda andò meglio della sua coalizione: 35mila voti in più. Allora in lizza c’erano anche in 5 Stelle, che sfiorarono il tetto delle 86mila preferenze. Alla fine le liste di centrodestra sopravanzarono il centrosinistra: 373,943 contro 216.396, con un distacco di 157mila voti.

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