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Agriturismi nell'isola, le cause della crisi tra burocrazia e stagionalità

di Federico Spano
Agriturismi nell'isola, le cause della crisi tra burocrazia e stagionalità

Il crollo in provincia di Oristano: «Ci sono troppe restrizioni e troppi controlli». Un operatore del Nord Sardegna: «Il prezzo dei mangimi in 2 anni è raddoppiato»

21 febbraio 2024
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Sassari Il mondo degli agriturismi in Sardegna sta vivendo un lento declino, con un calo di attività che è in controtendenza rispetto al resto d'Italia: nel 2017 le strutture erano 807, oggi sono 777. L'unica eccezione è quella del nord dell'isola, dove invece il numero delle attività è cresciuto di una decina di unità.

Il trend negativo All'origine del trend regionale negativo, documentato dai recenti dati Istat, ci sono diversi fattori. La titolare di un agriturismo della provincia di Oristano punta il dito contro la legge regionale del 2015, che ha regolamentato il settore. «Ci sono troppe restrizioni, troppi controlli. La gente ha perso l'entusiasmo. Inoltre gli stessi clienti, oltre al pernottamento nelle strutture vogliono solo la prima colazione: la cena non la vuole fare più nessuno. In provincia di Oristano il calo degli agriturismi negli ultimi anni è vertiginoso».

Ricambio generazionale Un altro fattore che ha portato al calo è quello del mancato ricambio generazionale. Molti di quelli che hanno aperto un agriturismo negli Anni 90 oggi sono ultrasettantenni e chi non ha figli che prendano in mano l’azienda agricola e la struttura, per forza di cose deve chiudere i battenti. C'è anche una quota non trascurabile di agriturismi che vengono convertiti in B&B o affittacamere, cambiando totalmente attività. «Quello dell’agriturismo oltre che un lavoro è una passione - spiega Massimo Depalmas (nella foto), titolare con i fratelli di uno storico agriturismo a Stintino -, o ci credi o non lo fai. La vita della campagna è molto difficile e molti giovani la stanno abbandonando. Inoltre, rispetto a 30 anni fa, quando i miei genitori hanno aperto questo agriturismo, c’è molta più burocrazia: oggi in azienda ci vuole una persona che si dedichi esclusivamente a questi aspetti ».

Le reazioni sui social La notizia del declino degli agriturismi, pubblicata ieri sul giornale e sul nostro sito web, è stata molto commentata dai nostri lettori. In molti hanno puntato il dito contro i prezzi, ritenuti troppo alti (fino a 50 euro a persona), sostenendo che spesso il cibo non è un prodotto dello stesso agriturismo. A rispondere ci hanno pensato direttamente alcuni operatori, spiegando che il problema dell'aumento dei prezzi riguarda tutti i settori. Ed è fisiologico che si debba far pagare qualcosa in più, se si vuole far fronte all’aumento del costo dell’energia e delle materie prime. «Il prezzo dei mangimi, con lo scoppio della guerra in Ucraina, è raddoppiato: siamo passati dai 28 euro ai 50 euro al quintale», spiega Massimo Depalmas. «Anche noi abbiamo dovuto ritoccare i prezzi».

La stagionalità Dietro ogni agriturismo c’è un’azienda agricola, spesso a conduzione familiare, dove si lavora tutto l’anno. Mentre l’attività ricettiva, con la ristorazione e le camere in cui pernottare, è legata strettamente alla stagione turistica. In sostanza, gli operatori lavorano per 12 mesi, ma i guadagni arrivano in un periodo ristretto, che va solitamente da Pasqua sino ai primi di ottobre. Non è un caso, quindi, che sia il nord dell’isola la zona in cui non solo non c’è un calo, ma le aziende agricole che offrono ospitalità e ristorazione siano in aumento.

Prodotti a chilometro zero Ogni agriturismo si differenzia per il tipo di prodotti “fatti in casa” che può offrire. «C’è chi produce solo vino o olio - spiega Depalmas -, e quindi deve acquistare nel territorio le altre materie prime, ma c’è anche chi produce quasi tutto in casa, dalle carni agli insaccati, dalle verdure alle conserve, offrendo qualcosa che non è possibile trovare nei ristoranti».

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