La Nuova Sardegna

La riforma

Pasticcio Province, nell’intreccio di leggi referendum e ricorsi

di Claudio Zoccheddu
<usng-titolo>Pasticcio Province, nell’intreccio di leggi referendum e ricorsi</usng-titolo>

La premier Giorgia Meloni vuole restaurare il vecchio sistema. Nell’isola situazione in mano alla Corte Costituzionale

20 marzo 2024
4 MINUTI DI LETTURA





Sassari L’indiscrezione è rimbalzata qualche giorno fa: “Il governo Meloni si prepara a restaurare le Province”. Le conferme non sono arrivate, ma ci sarebbe già uno specifico disegno di legge pronto, o quasi, stilato dalla deputata Wanda Ferro di Fratelli d’Italia. Sempre le indiscrezioni che filtrano da Palazzo Chigi racconterebbero di una premier convinta del ritorno al passato ma spaventata dalla reazione popolare. Quindi, tutto congelato a dopo le elezioni europee. Insomma, si vedrà. Intanto l’isola, da questo punto di vista, vive una situazione particolare riassumibile in un gigantesco mal di testa istituzionale che ha disorientato anche il più attento dei cittadini. Dal 2001 a oggi l’isola è passata da quatto a otto Province, poi di nuovo quattro, poi quattro più una città metropolitana, poi di nuovo otto: sei province e due città metropolitane che però saranno enti pubblici di secondo livello. Tradotto: gli amministratori non verranno eletti dai cittadini ma dai sindaci e dai consiglieri comunali del territorio di riferimento. Ma questo capitolo è ancora da scrivere. Forse.

La storia Attualmente, l’isola è divisa in quattro province (Sassari, Nuoro, Oristano, Sud Sardegna) e una città metropolitana (Cagliari). La storia della Province sarde inizia nel 1861 quando, dopo l’unità d’Italia, l’isola venne divisa in due province: Sassari e Cagliari. Nel 1927 il regime fascista aggiunse Nuoro fissando uno schema che sarebbe durato 47 anni perché, nel 1974, Oristano divenne la provincia più giovane d’Italia. Un titolo che sopravvisse fino al 1992 , quando il Parlamento decise per l’istituzione di altre otto Province, di cui nessuna nell’isola. I sardi ripresero familiarità con l’argomento nel 2001, quando una norma regionale raddoppiò le Province sarde portandole a 8 e aggiungendo le neonate Olbia-Tempio, Ogliastra, Medio Campidano e Carbonia-Iglesias che però videro la luce quattro anni dopo. Troppe? Forse. Infatti il Movimento referendario sardo, anticipando quello che sarebbe accaduto nel resto dello Stivale, organizzò un referendum per abolirle, quelle storiche e quelle nuove. Si votò il 6 maggio del 2012 e i sardi, a grandissima maggioranza, decisero di far fuori tutte le Province. Un esito pronosticabile, un po’ per il periodo in cui il vento anti Casta soffiava fortissimo e un po’ perché il livello di gradimento dell’elettorato rimbalzava tra chi le vedeva come succursali dell’Ufficio complicazioni degli affari semplici e chi le giudicava meri poltronifici per politici a caccia di scrivanie. Nonostante la decisione popolare, le Province sopravvissero in animazione sospesa sino al 2016, ritornando ad essere quattro fino a quando la riorganizzazione territoriale voluta dagli elettori prese forma, anche se in maniera diversa da quanto si poteva: le quattro Province storiche rimasero in vita con Cagliari che assunse il ruolo di Città metropolitana (istituzione prevista nel 2014 dalla legge Delrio) e con l’esordio della Provincia del Sud Sardegna. Che poi, è anche la situazione attuale, compresa la precarietà di enti che sopravvivono in amministrazione straordinaria da un decennio e che, al netto del sentimento anti politico, si sono portate appresso l’animazione sospesa delle infrastrutture che, sino al 2012, erano di loro competenza: scuole, strade e ambiente. Per sapere come andrà a finire bisognerà attende, perché la Regione ha provato a riportare a 8 il numero di Province e Città metropolitane ma il percorso ha registrato una serie di intoppi.

La situazione La sorte degli enti intermedi sardi verrà decisa dalla Corte costituzionale dopo una lunga serie di intoppi. Il 15 aprile del 2021 il governo regionale aveva deciso di ritornare al passato (recente) con 8 Province: Gallura (rinominata Nord-Est), Ogliastra, Medio Campidano e Sulcis Iglesiente, poi le storiche Nuoro e Oristano e due città metropolitane, Sassari e Cagliari. La riforma, però, era stata poi cassata dal Governo che l’aveva bloccata. Un anno dopo, nel marzo del 2022, era stata la Consulta a dare il via libera alla Regione, che aveva inserito la norma liberata nel Collegato alla manovra finanziaria che però, a sua volta, è stato impugnato nuovamente dal Governo perché, secondo il ministero per gli Affari regionali, in diversi articoli ci sarebbe non solo un conflitto fra le competenze attribuite allo Stato e alle Regioni, ma anche una «continua invasione di campo rispetto ai confini tracciati nella Costituzione». La palla ora è passata di nuovo alla Corte, che dovrà stabilire, in sostanza, se prima di cambiare il numero di Province per l’ennesima volta, sarà necessario indire un nuovo referendum. I numeri sembrano giocare contro le 6 Province e le 2 Città metropolitane: una volta entrata in vigore la riforma, in Sardegna ci sarà un ente intermedio ogni 201.543 abitanti, contro una media di 542.195 abitanti nel resto del Paese. I tempi, poi, sono ancora lunghi: a giugno è stata fissata l’udienza tra la parti e la decisione potrebbe arrivare in un anno e mezzo.

In Primo Piano

La grande sete

Allarme siccità in Sardegna, la situazione del Flumendosa è disastrosa: le immagini sono impressionanti

L’incidente

Crolla un pezzo di cornicione a Porto Torres, pensionato ferito alla testa

di Gavino Masia
Le nostre iniziative