La Nuova Sardegna

Strutture ricettive

Lotta al sommerso nel turismo: sul mercato tante offerte sospette

di Claudio Zoccheddu
Lotta al sommerso nel turismo: sul mercato tante offerte sospette

La denuncia degli albergatori. Cherchi: «Danneggiano l’intero sistema ricettivo». Il settore extralberghiero ha circa 30mila immobili a disposizione dei visitatori

15 giugno 2024
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Sassari Il rischio più banale è quello di rimanere disorientati. Quello più serio, invece, è che nel settore dell’accoglienza sia la furbizia a dettare legge, anche se i rappresentanti delle associazioni dei diretti interessati ci tengono a sottolineare come in realtà i bevitori del leggendario brodo di volpe siano una piccolissima quota di un comparto che, però, cresce anno dopo anno. All’orizzonte, poi, ci sono le nuove norme di contrasto all’illegalità che prenderanno di mira anche, e soprattutto, le agenzie online che accetteranno transazioni sospette.

A far di conto, mettendo insieme bed and breakfast, case vacanze, affittacamere e ogni altro tipo di ospitalità che non gravita davanti alla hall di un albergo, l’isola conta circa 30mila alloggi a disposizione dei turisti. Una cifra enorme in cui spiccano sicuramente gli iscritti al club degli onesti, quelli che chiamano le cose con il loro nome e che se gestiscono un bed&breakfast, magari, ci vivono anche dentro, come impone la normativa. Poi ci sono gli altri, quelli che invece hanno trovato chiuso il portone del club e si sono arrangiati a sentimento aggiungendo una buona dose di fantasia. E qui, arriva il disorientamento turistico, un male che sarebbe meglio evitare ma che, banalmente, è piuttosto evidente se si ragiona sull’impatto del turismo sul Pil sardo, decisamente spoporizionato quando si mettono in relazione il numero degli arrivi e quello delle presenze turistiche registrate.

Per rendere più complicato l’accesso al buco nero del turismo, la politica ha già deciso di sostituire il vecchio “Iun”, identificativo univoco numerico, con il nuovo “Cin”, codice identificativo numerico, che supportato da un algoritmo e dall’intelligenza artificiale, garantirebbe un controllo incrociato a prova di “furbo”. E, di conseguenza, limiterebbe anche la possibilità di imbattersi in recensioni che definiscono un presunto b&b come un “Appartamento molto carino e a nostra completa disposizione»”. Ecco, così non funziona perché quello recensisto dai turisti entusiasti non può essere un b&b, anche se magari le imposte corrisposte dal proprietario sono proprio quelle per le strutture di questo tipo. Ma dietro il disordine della ricettività turistica non c’è solo un discorso fiscale o la lamentela di un Azzeccagarbugli ormai fuori tempo massimo. Perché la cattiva esperienza è sempre in agguato e il rischio è che il pirata della ricettività si porti dietro anche il resto del settore, la maggioranza a quanto pare, che chiama le cose con il loro nome e paga le relative tasse senza cercare scappatoie.

La protesta Prima di inziare, arriva subito una precisazione: «Mettiamo subito in chiaro una cosa – spiega Ramona Cherchi, dirigente di Federalberghi Gallura – sono più che favorevole alla diversificazione dell’offerta ricettiva e alle soluzioni alternative al “solito” hotel. È un sistema che può funzionare meravigliosamente come attrattore turistico: più l’offerta è diversificata più si attraggono i turisti. Diversificare, però, non significa offrire prodotti poco chiari. In questo modo si fanno danni, all’intero sistema turistico e alla concorrenza». Il messaggio è chiaro e, ritornando ai bed & breakfast, la normativa regionale non fa sconti: il proprietario deve risiedere nella stesso alloggio di cui affitta le stanze, al massimo tre, e deve garantire la colazione. In assenza di uno di questi requisiti, la struttura non può essere considerata un b&b.

«Ma poi – continua Cherchi – consideriamo due strutture uguali, con gli stessi servizi, gli stessi sistemi di gestione e gli stessi portali di vendita, uno paga le tasse di un bed&breakfast che esiste solo sulla carta, l’altro invece pagherà quanto dovuto per un’attività di afffittacamere. Non è giusto». Poi ci sono quelli che esagerano, e anche in questo caso le offerte online custidiscono diverse “perle” in perfetto stile alberghiero: «In quel caso cade anche il discorso delle diversificazione, perché che tu lo chiamo bed &breakfast, affittacamere o casa vacanza ma alla fine offri un prodotto uguale a quello che può offrire un hotel. E allora ci dovrebbero essere gli stessi controlli, anche sulle piscine che non mancano in alcuni b&b o sui bagni in camera. Perché se una camere d’albergo costa più di un bed&breakfast – spiega ancora Ramona Cherchi – è anche perché ci sono tanti controlli, di sicurezza e sanitari che, ovviamente, che sono necessari e giusti». Poi, il discorso si sposta su un piano molto più ampio, tanto da abbracciare l’interno orizzonte della ricettività turistica: «Se per low cost si intende la svendita del prodotto, allora è chiaro che questo non può essere accettato da chi invece lavora e propone la sua offerta ad un prezzo che comprende, come dicevo, tasse e controlli», conclude Cherchi. (c.z.)

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